Da più di due ore Grazia, con soddisfazione e un tanticchia di boria, stava ragguagliando Giovanna a proposito delle novità amorose della figlia Cettina: un’insegnante zitella, avviata sulla via dei quaranta, tenuta sempre nella bambagia perché si sa: per le femmine il mondo è pieno d’insidie.
Le due sorelle, in terrazza, godevano gli ultimi refoli di fresco della mattina, riparate dall’ombrellone e sedute accanto, gustavano del latte di mandorla macchiato con il caffè freddo che Lube aveva posato sul tavolino in ferro battuto. Grazia sapeva che Giovanna era avida di notizie e per farla fremere d’invidia cominciò a snocciolare a voce piena l’elenco di virtù del futuro genero:
- Ha un sacco di masserie baronali (Ti ricordi quella villa che si vedeva dalla strada quando andavamo a Trecastagni? È la sua!)
- Possiede frutteti che danno lavoro dignitoso a orde di braccianti (Mi ha portata certi pompelmi grandi come teste di un bambino)
- La sua famiglia ha discendenze nobiliari (Hai presente i Salaparuta? Sì, quelli del vino. Sono cugini di terzo grado.).
Poi si era addentrata in dettagli meno sontuosi, a Giovanna, quell’improvviso tono sommesso, le parve velato da una certa preoccupazione – In effetti, ha qualche anno di più, ma tutto sommato li porta bene. – Poi aprì un libro poggiato sul tavolino, tirò fuori una foto per mostrargliela – Guarda è lui. Sì, vero? Sembra un ragazzo. Tieni presente però, che la foto è di vent’anni fa, ora della chioma riccia è rimasta poca cosa. Eh, si, anche il fisico è un po’ cambiato, risente appena degli anni che sono passati, ma ha sempre una pelle elastica e luminosa. – La sorella azzarda qualche domanda per capire meglio – Sì, con Cettina ci sono una ventina d’anni di differenza, ma al giorno d’oggi cosa vuoi che sia. – L’altra annuisce, con poca convinzione.
Man mano che raccontava Grazia perdeva la baldanza iniziale, adesso alle domande della sorella sussurrava piena di titubanze – Che vuoi che ti dica, poveretto ha tribolato tanto in questi anni per badare ai beni e per prendersi cura dei suoi che invecchiavano. Certo, – dice come se iniziasse una cabaletta – c’è stata qualche fidanzata, ma si vede che non era destino che durasse. – Poi porta la mano a taglio accanto alla bocca come se le parole non dovessero disperdersi nell’etere – Cettina mi ha raccontato che la madre ha smascherato diverse tipe che avevano provato a fargli quattro moine solo per accasarsi. Lui invece, è uno di sani principi, d’altronde è nobile: niente prima del matrimonio. Pensa che un mese fa sono stati alla casa al mare a Giardini Naxos, da soli. Visto che non sono bambini, pensavo che avessero concluso qualcosina, per cominciare a conoscersi più nel profondo senza per forza fare cose vastasi. Cettina mi ha detto che non è successo nulla, solo qualche carezza affettuosa. È fermo nel proposito di aspettare fino al matrimonio. La sorella chiedeva e si sventagliava, Grazia imperlata di sudore rispondeva: – No, ancora, ce ne vuole. – ruotando la mano come se rimestasse l’aria – Due martedì fa, hanno prenotato la chiesa: c’è un anno d’attesa.
Giovanna che all’inizio ascoltava con interesse famelico, adesso percepiva una certa nausea: era sazia. Sentiva la stoffa del vestito appiccicata al sedere, il sudore che aggrediva il trucco e i piedi gonfi per l’essere stata troppo ferma. Avrebbe gradito un altro po’ di bevanda, ma sapeva che sua sorella era una tirata e al massimo poteva aspirare a un bicchier d’acqua del rubinetto. Gli odori degl’intingoli che preparava Lube le facevano scaturire un certo languorino. Voleva rientrare in casa anche se ad accoglierla ci sarebbero state le zaffate rancide dei sandali del fitusu, shakerate al tanfo di chiuso e di fumo di sigarette. Lo avrebbe trovato stravaccato sul divano, davanti allo schermo grande come la parete del salotto, a seguire Sky TG 24 con accanto il posacenere traboccante, in attesa che qualcuno glielo svuotasse e preparasse da mangiare. In trent’anni di matrimonio non era riuscita a scalfire quelle abitudini, apprese da ragazzo, quando era il cocchino della mamma. Non era mai stata innamorata di lui, mai sopportato il suo odore stantio e l’alito da fumatore. Ricordava la gioia provata, anni addietro, nello scoprire che aveva un’altra: lei restava comunque la moglie dell’ingegnere e a casa era quasi riuscita a neutralizzare il suo fetore. Ogni tanto tornava per farsi lavare gli abiti, tagliare le unghie nere dei piedi o prendere parte a qualche incontro di famiglia: nessuno se n’accorse. Poi però…
Giovanna? Ma mi ascolti?
Scusa Grazia, mi sono ricordata che non ho messo in ammollo i fagioli, vabbè. Mi dicevi?
La sorella ricominciò ad esporre le fortune in cui si era imbattuta la figlia.
Senti, ma non mi hai detto in quale villa andranno a vivere?
A quella domanda, Grazia con un certo tatto, la mise a conoscenza della bizzarria che più la tormentava – No, non andranno a stare per conto loro, sai la mamma è rimasta vedova da poco tempo, credo una decina d’anni. – all’espressione sbalordita di Giovanna replicò – Sì, ma è così legata alla famiglia, che staccarsi dal figlio lo sentirebbe come un secondo lutto. – poi con voce grave aggiunse – La cosa che non mi persuade, ma forse ha capito male Cettina, è che avranno camere separate. Lui continuerà a dormire nel letto con la mamma. Grazia adesso taceva, sentiva la nuca madida di sudore. Si passò un fazzoletto per asciugarsi. Il silenzio era saturo del frinire delle cicale. Poi si decise a chiedere alla sorella – Tu come te la spieghi questa cosa?
Giovanna ormai esausta disse – Sarà una stramberia moderna: un modo come un altro di vivere il matrimonio. L’importante è sistemarsi; dopo una certa età non è che le occasioni siano tante. Comunque, la mamma è vecchia: prima o poi morirà.
Racconto di Giuseppe Fabrizio Ernesto Coco
Illustrazione di Laura Berni
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Giuseppe Fabrizio Ernesto Coco, 3 nomi e altrettante personalità. Nato a Catania, il secolo scorso, vive a Firenze. Dei racconti sono apparsi su alcune riviste online come Pastrengo, Sguardindiretti, Voce del verbo, Rivista Blam, Spazinclusi, Grande Kalma, Tremila Battute.