Progetto senza titolo

Sulla strada di casa

Scesi in strada si fermano un attimo incerti. L’auto è parcheggiata poco distante dalla casa dei loro amici, di questo sono sicuri, ma non ricordano dove. Era Enrico alla guida, dovrebbe ricordarlo lui, ma il suo sguardo vacuo non lascia speranze. Martina cerca di fare mente locale.
– Ma sì, è davanti al fioraio.
– È vero! Meno male che ci sei tu, io non sarei mai riuscito a ritrovarla, dice Enrico, mentre si avviano. – Ti ricordi di quando mio fratello era sicuro di aver parcheggiato la sua auto sotto casa e non trovandola è andato a fare una denuncia di furto, per poi ritrovarla per caso una settimana dopo nella traversa vicina? Una storia esilarante!
Martina annuisce. La nota un po’ stridula nella voce, il tono ridanciano, un’insolita verbosità, li conosce bene; pochi ci farebbero caso, perché per il resto riesce a mantenere una forma impeccabile, ma a lei non sfugge: Enrico è ubriaco.
Arrivano all’auto.
– Ti va di guidare? – chiede Enrico – Io sono un po’ stanco.
– Certo, nessun problema.
In teoria dovrebbero bere a turno, alle feste, ma Martina ormai non si fida più e per la sicurezza di entrambi evita di esagerare. Spera che Enrico si addormenti all’istante, come in genere fa quando è brillo. Ma stasera no, stasera ha la sbronza loquace.
– Beh, dai, ammettilo, alla fine abbiamo fatto bene a venire. Non so perché ho dovuto insistere tanto, a volte ti fissi senza motivo, e invece? Non avevo ragione? È stata proprio una bella serata. E c’era un sacco di roba buona da mangiare. Hai assaggiato quello sformato di cavolfiore? Eccezionale! Dovremmo provare a farlo anche noi. Non credevo che il cavolfiore avesse tutte quelle proprietà nutrizionali, tu lo sapevi?
Martina fa segno di sì o di no, opportunamente, a volte aggiungendo qualche parola, dove le sembra indispensabile. Il profluvio di chiacchiere continua, lei lo ascolta con mezzo cervello. Le strade per fortuna sono sgombre. Ha un desiderio intenso di solitudine e di silenzio, per poter pensare e abbandonarsi a sentimenti urgenti che premono, ma il cicaleccio del marito non le dà tregua. E c’è da attraversare una buona parte di Roma. “Niente tangenziale, che è chiusa. Porta Maggiore, Scalo San Lorenzo…”
– E poi mi sono divertito, tu no? Mi sembravi un po’ assente, ti sei annoiata? E quell’incredibile vicenda della multa persa, non mi pare che ci fossi, quando Ernesto ne parlava, forse eri uscita dalla stanza. Ora te la racconto.
– Ma no, ero lì, l’ho sentito.
Non c’è verso, si deve sorbire di nuovo tutto l’episodio, secondo Enrico molto rappresentativo dell’aberrazione burocratica italiana. È davvero sgradevole avere a che fare con un ubriaco, se si rimane sobri. “Viale Regina Elena, via Bari…”
– E poi c’era un sacco di gente simpatica. Come si chiama quel loro amico tornato dagli Stati Uniti?
– Maurizio. “Via di Villa Massimo, Viale XXI Aprile…”
– Già, Maurizio. Che vita avventurosa, e poi così comunicativo, davvero una bella persona.
Martina gira un attimo la testa e lo guarda meravigliata. Quando beve, Enrico sembra un’altra persona. Dov’è la sua sicumera, l’atteggiamento perennemente sarcastico verso il prossimo? Scomparsi. Da sbronzo sviluppa una tolleranza ecumenica. Martina pensa che se registrasse quello che dice quando il suo tasso alcolemico deborda, lui non crederebbe alle proprie orecchie. Ci dev’essere in Enrico una vena di bontà che la razionalità tiene a freno e che solo l’etanolo libera, come se essere indulgenti sia una cattiva abitudine da reprimere. Da ubriaco è una persona migliore.
– Ma tu ci credi che abbia lasciato l’Italia per amore? Mah, secondo me quella storia era un po’ romanzata. Lei che non si sente di abbandonare il fidanzato storico e lui che per dimenticarla addirittura cambia continente? Le persone normali non fanno cose del genere! Però la raccontava bene. Di cosa ha detto che si occupa ora?
– Genetica delle popolazioni.
– Ah, già, è uno scienziato. Beh, si vede che ci sa proprio fare con le parole.
Martina davvero rimpiange di non avere un registratore acceso. Enrico da sobrio non userebbe mai un’espressione così trita. Che gusto sarebbe, fargliela risentire. Per un attimo si guarda dal di fuori e le sembra di vederlo, quell’astio che è ormai l’unico sentimento, una nebbia fitta che l’avvolge. Com’è arrivata a questo punto? Ed è stato un cambiamento repentino o un lento, ma progressivo, deterioramento? E quando è cominciato? Tutte domande inutili. “Via Nomentana, manca poco…”
– E adesso che torna per tentare di riprendersi la donna che ancora ama. E dopo tutti questi anni. Un illuso, secondo me. Certo, era un po’ strano che ne parlasse così apertamente davanti a estranei, non ti sembra?
Lei fa una smorfia sufficientemente indecifrabile, in modo che il marito possa interpretarla come meglio crede.
– Ora che ci penso, non hai dato anche tu un esame sulla genetica delle popolazioni, a biologia?
– Sì. “Piazza Sempione, Viale Gottardo… Dio, fa che ci sia un parcheggio sotto casa”.
– Avete più o meno la stessa età, è strano che non vi siate mai incontrati.
Martina potrebbe evitare di commentare, sa che il ricordo di questa conversazione sarà smaltito insieme all’alcol e non lascerà traccia. Ma proprio per questo non riesce a trattenere le parole, che le escono scandite con lentezza.
– Sì, davvero strano. Ed è stato proprio dopo quell’esame che mi sono trasferita a Verona, dove studiavi tu, ti ricordi? Ci sono rimasta tre mesi.
– È vero, l’avevo dimenticato.
– E poi siamo tornati a Roma insieme.
– Già.
Ora Enrico è meno ciarliero e sembra confuso, Martina non sa se per qualche pensiero molesto o per la sonnolenza che incalza. Ma sono arrivati e il parcheggio è proprio di fianco all’ingresso di casa.
“Grazie, Dio”.
– E adesso basta con le chiacchiere. Ho voglia di dormire.

 

Copertina originale di Ilaria Salvatori

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