Primi amori

Primi amori

Valerio
Il mio primo amore? L’hanno divorato i topi. Un anno fa, svuotando il garage della casa che non sarebbe stata più mia, ho trovato una scatola di cartone. Con un buco dai bordi rosicchiati. Una famigliola di sorci aveva seminato la propria merda, ormai secca, su un nido di briciole di carta. Erano le foto della mia prima ragazza, Silvia, i suoi bigliettini e le mie lunghe lettere con le poesie che le scrivevo. Scaraventai tutto nella spazzatura, assieme a un mucchio di altre cianfrusaglie che non sapevo dove imbucare nel mio monolocale da single.
A sedici anni, mi sentivo miracolato che una ragazza si accorgesse di me. “Il mio amore per te è reale come una pietra, vero come il cielo” bisbigliavo a Silvia in un orecchio. Ricordo che una domenica di febbraio prendemmo la corriera per andare al mare. La sabbia era imbrattata di macchie di catrame lucido. Annerita da una nube di fastidiosi moscerini, la carcassa di un cane sporcava la spiaggia deserta, ingombra di detriti e bottiglie di plastica sballottate dalle onde. Eppure mi sembrava di essere nel paradiso terrestre: Silvia ed io, soli. Mano nella mano, immergevo i miei occhi nei suoi occhi, sfiorando con le labbra le sue labbra morbide.
All’epoca, i miei compagni di classe si vantavano di complicate posizioni da kamasutra, seguite da beveroni di uova sbattute per riprendersi dalle fatiche del sesso. Io chiedevo ogni volta a Silvia se potevo baciarla, scusandomi quando le sfioravo i seni da sopra la maglietta. Lei aveva già avuto una storia con un ragazzo più grande, finita perché la costringeva a fare sesso. Io invece volevo fosse libera di scegliere quando fare l’amore con me per la prima volta. Avevo paura di chiederglielo? Ovvio.
Siamo stati insieme sei mesi. Credo.
Quando mi lasciò rimasi stordito. I visi delle persone diventarono grigi, le giornate inutili, come se in pieno giorno una nuvola nera avesse coperto il sole.
“Non ti amo più” si giustificò Silvia.
“Perché?” Non capivo.
“Non c’è un perché.” Neppure adesso capisco cosa vogliano le donne.
Ho visto Silvia di recente, in un centro commerciale dove mi ero rifugiato perché non sopportavo più le stanze vuote del mio appartamento. Aveva al seguito un uomo e due bambini, la sua famiglia, immagino. Non l’ho salutata. Neppure lei. Avrà fatto finta di non riconoscermi.

*

Silvia
Luca è stato il mio primo vero ragazzo. Avevo quindici anni, lui ventidue, ed era bellissimo: lunghi capelli castani allacciati da un elastico rosso, occhi color nocciola, dita sottili. Aveva sempre una Camel in bocca e quando il fumo gli andava negli occhi scuoteva la testa. “Come un cavallo”, gli dicevo per prenderlo in giro. Ha insegnato anche a me a fumare. La prima volta che abbiamo fatto l’amore ho pensato: Ora sono una donna, e mi aspettavo che tutti dovessero leggermelo in faccia. Ero stupita che in autobus, andando a scuola, le altre ragazze non se ne accorgessero. Quel giorno c’era l’interrogazione di matematica e tutti erano allarmati perché la prof era un animale feroce, ma io vivevo in un universo lontano: io avevo fatto l’amore. A quindici anni sembravo più grande della mia età, portavo già una quarta, mentre le mie compagne erano ancora delle bambine. Anche la mia migliore amica, a cui confidavo del mio grande amore, e che mi ascoltava a bocca aperta come se le raccontassi una favola.
Luca guidava una Renault 4 sfasciata. Rossa. Tenevo la testa fuori dal finestrino per farmi accarezzare dal vento, i capelli mi sbattevano in viso come una bandiera. Lui mi diceva che poteva passare un tir e tagliarmi la testa, gli rispondevo che la testa l’avevo già persa per lui. Allora mi metteva una mano tra le cosce e io gliela stringevo forte.
Luca a un certo punto pretese che usassi la pillola perché, diceva, saremmo stati più liberi. Io mi vergognavo, non volevo andare da sola al consultorio, così una volta l’abbiamo fatto senza preservativo. Sono morta di paura per dieci giorni. Da allora la fiducia che avevo in lui cominciò a sgretolarsi, sentivo che aveva approfittato di me, fin dall’inizio, che mi aveva usata. Se non mi aveva mai presentato i suoi amici, pensai, era perché si vergognava di me, mi considerava solo una bambina. Forse stava con una della sua età, la fidanzata ufficiale che gli amici conoscevano, mentre io ero solo un passatempo. Lo consideravo comunque il mio grande amore. Tiravo avanti a testa bassa, urlavo al mio viso riflesso nello specchio, ed ero sempre io che gli telefonavo per prima e tornavo da lui come una mendicante. Finché ho deciso di mollarlo.
L’incontrai per caso tempo dopo, quando stavo con Valerio, un compagno di classe. Fu una piccola storia di tre, quattro mesi. Valerio era gentile, mi scriveva poesie sdolcinate, e io avevo bisogno di qualcuno che mi coccolasse. Gli volevo bene. Ho fatto di nuovo sesso con Luca ed è stato come la prima volta. Ho lasciato Valerio e mi sono rimessa con Luca. È durata qualche mese, poi ci siamo lasciati definitivamente.
Non l’ho più rivisto.

***

Prima pubblicazione nell’antologia del concorso letterario “Montagne d’argento”, Il primo amore, Keltia Editrice, Aosta, 2005, pp. 58-59.
Ringrazio Keltia Editrice per aver gentilmente concesso la ripubblicazione del racconto, che ho modificato.

 Copertina: foto di Maurizio Donazzon

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