Copertina del racconto di Paola Curia

Ombre in risonanza

Inspiro lentamente.
L’aria è pesante, fatica a entrare dalle narici libere, le tira, le allarga, poi si blocca e non passa. Si è ingrossata. Il torace si dilata ma non arriva a fine corsa, il respiro si spezza prima, la gola mi brucia e reclama disperata un goccio d’acqua per spegnere le tonsille arrossate che adesso vestono i panni di due grosse pietre focaie. Qui è troppo scuro, manca l’aria. Lo spazio è ristretto e come se non bastasse è tutto sospeso: il sole non sorge, il tempo non scorre, il bolo non scende. Quell’impasto semiliquido intriso di odio e salsa piccante rimane bloccato nel punto esatto in cui l’epiglottide oppone resistenza al conato di vomito che, di contro, sale dritto dritto dallo stomaco digiuno. Dal canto suo l’orecchio destro percepisce un inquieto brusio di sottofondo, un’intensa concentrazione di monosillabi contratti, lettere scarlatte intrecciate con fili metallici che, tra un segnale acustico e l’altro, iniziano a scaricare fiumi d’istruzioni che traboccano da queste cuffie verdi. Io speravo in musica forte, tipo crossover, hard rock, quella che ascoltavo da adolescente-problematica-insoddisfatta negli anni novanta, ma dei suoni che spaccano il cervello e disinibiscono i sensi neanche l’ombra. Provo a cambiare stazione schiacciando una sorta di controller simile al Dualshock della PS4 di mio cugino ma pare bloccato. Non prende nient’altro qua dentro, cavolo, mi tocca sorbire un ronzio meccanico che fa da sfondo all’ansiogeno conto alla rovescia che riparte a manetta senza neanche arrivare allo zero.
Mi raccomando, adesso resti immobile”. Un suono gutturale antropico parte da un non so dove in via di palesamento. Le orecchie si drizzano, gli occhi si strizzano fino a mettere a fuoco una sagoma asessuata di media statura, che mi sorride da dietro spesse lenti che riflettono la mia immagine seminuda.
Dieci, nove… mi prude il braccio, ho la mano mezza addormentata e mi viene da piangere. Non posso battere ciglio, allora quasi quasi nell’attesa, penso a noi.
Otto, sette… penso a questa storia assurda e sento la sua mano che s’infila di soppiatto nel mio corpo senza chiedere il permesso. Schivo il colpo sputandogli addosso il bolo d’inquietudine e terrore mentre il conato sale a inacidirmi la gola. Sei, cinque… un rapporto che dura da tempo il nostro, un sentimento subdolo in cui io continuo a credere. “Non temere”, mi sussurra docile, poi sorride e riprende a strisciare viscido dall’ombelico, quindi sale lento lungo tutta la mia pelle flaccida e io sento il cuore che rallenta e piano piano, poi, si ferma.
Inspiro gradualmente.
Quattro, tre… l’aria è viziata, fa i capricci, non passa. Il torace si dilata ma non arriva a fine corsa. Lui è qui, sopra di me, mi annusa, bacia le mie labbra sottili e spreme la carne che a tratti pare esplodere tra fuochi pirotecnici di capillari rossi e vene cianotiche. Il suo palmo stringe la gola che soffoca tra lacrime sciapite e moccio viscoso, lo stesso muco che adesso, in questo maledetto buco nero, si è incrostato alle pareti che mi sfiorano la fronte. Uno stridio interrompe il countdown per schizzare dritto nelle mie orecchie incandescenti. Due, uno… il formicolio inizia a diradarsi, le centinaia di palline sottopelle si dileguano a spettacolo concluso, quindi mollo il tasto d’allerta che avrei dovuto usare in caso di “qualsiasi problema, signora, non indugi”, ma questa volta, per fortuna, è andato tutto bene. Il ripiano sotto la mia schiena inizia a slittare verso la luce alla fine del tunnel.
Lui è ancora sopra di me, non scende, è pronto a dare il meglio nel caso in cui questo aggeggio infernale dovesse incepparsi a metà corsa e io non avessi più alcuna via di scampo. Oddio! Potrei anche morirci qua dentro.
Inspiro quietamente.
Zero… è una relazione tossica la nostra, un rapporto a senso unico in cui lui, il mio attacco di panico, è attratto da un bizzarro magnetismo, lo stesso che lo ha spinto ad entrare con me quest’oggi, in risonanza.

*****

Classe 1978, Paola Curia nasce a Bologna dove si laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche.
Pubblica il suo primo libro, “Diario terapeutico di una pluripara alla ricerca dell’equilibrio perfetto” (Falco Editore), nel luglio del 2017.
I suoi racconti compaiono su diverse riviste letterarie quali: L’Irrequieto, Il Loggione Letterario e la rivista toscana Sguardindiretti.
Attualmente cura la rubrica Infotales, contenuta nel mensile cosentino Infonight, per il quale scrive micro-racconti ispirati dai suoi stessi scatti fotografici, che fanno poi da copertina alla narrazione.
Nel mese di novembre 2019 compare sul blog Italians Book is Better con un racconto, pubblicato da Voce del Verbo, e ritenuto tra i migliori in Una Settimana di Racconti#99. Ultimamente altri racconti compaiono sul blog Racconticon Portatori di Storie e sulle riviste letterarie Blam e Reader For Blind.

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