contemporaneo, insonnia, insoddisfazione, introspettivo

Notte di un commesso viaggiatore

Gli è difficile prendere sonno quando alloggia in albergo una notte soltanto. Ogni edificio che lo ospita ha sempre una sua storia, ma le pareti di quelle camere, per Enzo, si reggono in piedi come le torri di Jenga nei suoi giochi di bambino, costruite e subito distrutte perché non aveva la mano abbastanza ferma. La mano è cresciuta e con lei è cresciuto il tremore.
Il pernottamento dipende dal piazzale antistante l’albergo: se il parcheggio dista troppo dalla hall, Enzo, acconto o non acconto, annullerà la prenotazione.
Scelto quello giusto, si chiude la porta alle spalle e da neo-inquilino della stanza, l’assale la nostalgia delle quattro ruote. Lo strofinio sulla pelle consunta, la presenza del cambio e del cruscotto. Fosse dipeso da lui sarebbe rimasto nei pressi dell’auto, perfino sdraiato sul tettuccio, a sfidare il freddo e le stelle. Uno sguardo distratto alla stanza… controlla l’ora: le 19:13. Deve forse cenare? Avvisare a casa? Deve, deve.
Sul comodino la certezza del telefono; Preme lo zero, si sfila i mocassini e apre il cassetto sperando di trovare la Bibbia dei film americani. All’altro capo del filo risponde un concierge affabile al quale chiede ulteriori rassicurazioni sull’illuminazione notturna del parcheggio. Ottenuti i “sì” necessari, lancia la cornetta sul letto e si affretta in bagno. Sotto lo scrosciare della doccia immagina il segnale di occupato. Nudo e gocciolante aziona il fon. Il getto d’aria calda lo colpisce al centro del petto.
Rivestito, evita le classiche cleptomanie d’albergo. Lo attrae il telecomando: nero e abbastanza compatto da entrare nella tasca del giaccone. Per compensare il furto, offre al primo cameriere che incrocia una lauta mancia. Frusciare di soldi, sorrisi finti celano il resto del volto.
Enzo schiva e declina ogni possibile invito a usufruire delle comodità incluse nel costo della stanza, per arrivare in tempo al suo “rendez-vous” con l’insonnia. Il piazzale di fronte all’albergo è vuoto. La notte, come in un primo appuntamento, si è fatta desiderare e adesso, che ha preso colore e consistenza, impone tutta la sua autorità sul cielo.
L’interno dell’automobile gli ricorda lo scenario di un’isola, dove lui può raggiungere ogni confine senza essere turbato. La sicurezza dell’antifurto, la simmetria dei comandi, il massaggio dei sedili in pelle. Le sue necessità tutte soddisfatte da quest’isola su gomme.
Eccetto il freddo. Ficca le mani nelle tasche del giaccone e urta il telecomando. Lo esamina alla luce del tettuccio e il nero tra i tasti è il nero della notte. Lo molla sul cruscotto, sopra lo stradario.
Può chiudere gli occhi, reclinare il sedile e aspettare, ma non può dormire. Dalle finestre dell’albergo, lampi di luce testimoniano le TV accese degli altri ospiti, identificati come lui da un numero sulla porta. Un’occhiata allo stradario… Etichettare qualcosa è consumarla.
Enzo scende dall’auto stringendo il telecomando, avvicinandosi quanto più possibile alla facciata dell’albergo e alle finestre accese. Con il braccio teso sopra la testa, preme i tasti per tentare di cambiare i canali a quelle TV anonime. Non si aspettava l’incontro con il randagio. Pelo folto, sporco e arruffato dallo smog, annusa e marca un lampione sollevando la zampa posteriore.
«Qui, qui bello!» Enzo scodinzola il telecomando verso l’animale.
Il randagio solleva il muso e lo fissa. Non c’è traccia del miglior amico dell’uomo. È libero da collari e da regole domestiche che scandiscono il tempo del cibo e il tempo dei bisogni.
«A cuccia» mormora Enzo. Tiene premuto il grosso tasto rosso del telecomando, ma il cane, i ronzii delle TV, il campionario nel bagagliaio e i muri dell’albergo restano dove sono. Continuano a esistere.
Tornano i tremori. Rivolge il telecomando verso se stesso: inutile. Lo ripone nella tasca e rientra nell’abitacolo, cullato dai sedili.
Si parla di viaggi sempre in termini di giorni trascorsi ed è per questo che Enzo predilige le notti. Lo stradario, come le abitazioni, ha le sue costanti. Da commesso viaggiatore la topografia si traduce in incognite: X Y Z stanno a giorni, clienti e contratti.
Macinare chilometri all’infinito.
Cancella dalla cartina i nomi di città che lo costringono a pensare ad altri nomi, coprendoli con il braccio. Cancella luoghi e memorie. E non si ferma. Seppellisce sotto il nero del braccio le destinazioni future, così da boicottare le probabili vendite in quelle città fantasma. Non ci sarà più spazio per strette di mano e domande insulse dei clienti: Ditta di famiglia? Fatture?
Si sta confondendo. I bersagli da abbattere sono i pensieri radicati negli anni. Quelli impellenti, da buon venditore, li sa gestire.
Il randagio, sul ciglio della strada, abbaia a minacce invisibili che solo lui può fiutare.
Enzo allunga il collo e sbadiglia. Presto andrà a saldare il conto dell’albergo, ad affrontare lo stupore di chi lo vedrà arrivare assonnato e sgualcito dal parcheggio. Prima però si copre la faccia con lo stradario per illudersi che la notte sia la sua complice ancora per un po’.

Copertina originale di Ilaria Salvatori

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