Mentre apro la porta di casa sento il profumo e rimango qualche secondo con la chiave nella toppa. Poi entro. Alessandro si volta e urla “Nonno!”, prima di rimettersi a guardare il suo cartone animato preferito. La porta della cucina si spalanca ed esce Francesca per dirgli di non gridare, che suo padre sta dormendo. Ancora?, penso, mentre mi ritrovo stretto tra le braccia di mia figlia. Quando si stacca mi fa un gran sorriso e sussurra “Ho una sorpresa per te”. Non è più una sorpresa, sto quasi per dirle, ma poi mi limito a sorridere.
Il tavolo in salotto è apparecchiato e, per un attimo, è come se lo vedessi per la prima volta. Dopo la morte di Laura è diventato una sorta di enorme svuotatasche, e anche quando Francesca è tornata a vivere qua, portandosi dietro Alessandro, per comodità abbiamo continuato a mangiare in cucina.
“È pronto, andate a lavarvi le mani”, poi si affaccia e aggiunge “e lascia che faccia da solo che ormai è grande”. Appena arriviamo in bagno Alessandro mi guarda e, a bassa voce, mi chiede “Nonno mi lavi le mani?”. Io, sempre a bassa voce, gli rispondo “Sì”. E mentre ci guardiamo allo specchio penso Grande? Ma se per me sei ancora piccola tu.
Faccio scorrere la mano sopra la tovaglia buona, quella che Laura teneva da parte per le occasioni speciali. Non la vedevo dal giorno del nostro matrimonio. Chiudo gli occhi e mi sembra di avere ancora tutte e cinque le dita, Laura è accanto a me che mi sorride e, quando tra poco tutti gli invitati se ne saranno andati, questa casa diventerà finalmente nostra, per la prima volta. Riapro gli occhi e le dita sono di nuovo tre.
“Ti ho cucinato il tuo piatto preferito”, mi dice Francesca, poi mentre me lo allunga sbatte contro il bicchiere, rovesciando l’acqua sulla tovaglia. “Ecco, come al solito, sono una cretina!”, grida mentre torna in cucina. Rimetto su il bicchiere e incrocio lo sguardo di Alessandro. Non faccio in tempo a dirgli di non preoccuparsi, che lei rientra con due piatti in mano, ma non è questa la prima cosa che vedo. Sta piangendo. “È solo acqua”, provo a dirle, ma lei rimane in silenzio a fissare il piatto di Alessandro, mentre taglia con foga le lasagne. Non smette, anche se ormai sono ridotte a una poltiglia verdastra. Allora la chiamo, “Francesca”, ed è come se di colpo tornasse da un posto lontano. Blocca le mani, mi guarda e, tentando di ricomporsi, esclama “Ecco fatto, buon appetito!”.
“Sono buonissime”, le dico. “Buone come quelle della mamma?”, mi chiede lei spalancando gli occhi. “Sono molto più buone”, le rispondo a bassa voce, dopo essermi guardato attorno con prudenza. E finalmente sorride.
Dopo un po’ appoggia la forchetta sul piatto e mi chiede scusa, non voleva comportarsi come una matta poco fa, è solo che doveva essere un pranzo speciale, per ringraziarmi di tutto quello che avevo fatto in questi mesi. “Anche da parte”, poi fa una pausa ma si riprende subito, “di Claudio”. Si accorge che guardo verso la porta che dà sulle camere e mi precede. “Ci teneva anche lui ad esserci, mi sono dimenticata di dirtelo. Mi aveva anche detto di svegliarlo (Bugia, penso) ma ha lavorato fino a tardi e non me la sono sentita”. A quel punto appoggio anche io la forchetta. “Checca”, le dico, “lo sai che ti voglio bene, ma il poker on line non è un lavoro”. “Perché ogni volta devi fare così”, ribatte curvando le spalle in avanti, “i tempi cambiano. Non puoi pretendere che tutti si accontentino di fare l’operaio, come te. Ci hai pure rimesso due dita facendo per quarant’anni quel maledetto lavoro! E poi lui ha delle ambizioni, dei sogni, lo sai che è una persona creativa”. “Di cosa stai parlando?” le chiedo. “Sono quasi le due e sta ancora dormendo. Che uomo è uno che non si alza per pranzare con sua moglie e suo figlio?”. “Non gridare”, mi dice tutta rossa in viso, “lo sai com’è fatto”. “Si, lo so”, le rispondo, mentre mi domando come faccia lei a non saperlo.
Ci alziamo nello stesso momento, Francesca per andare in cucina a preparare il caffè e io per sedermi sul divano con Alessandro a guardare i cartoni. O meglio lui li guarda e io guardo lui. Mi verrebbe di andare di là, aprire la porta e prenderlo a calci, ma non posso perché è il tuo di padre. Ma non era meglio nessun padre? Se fossi riuscito a rispondere a questa domanda forse non lo avrei preso in casa dopo che vi ha abbandonati, non gli avrei dato la mia camera perché secondo lui così c’era più spazio per il tuo lettino, e adesso, non me ne andrei. Lo faccio per te. Per te e per tua madre. Altro che scegliere tra ciò che è giusto o sbagliato, la maggior parte delle volte che ti capiterà di dover prendere una decisione importante nella tua vita, capirai solo più tardi di non aver mai avuto altra scelta in realtà. E non ti sentirai comunque meglio. Questo è quello che penso, mentre continuo a guardarti, ma hai solo quattro anni e mi limito a stringere più forte la tua piccola mano.
“Il caffè è pronto”, mi dice dalla cucina, ma non me lo porta. Non lo mette nemmeno sul tavolo. Do allora un bacio sulla testa ad Alessandro e vado da lei.
“Questa sarà sempre casa tua”, mi rassicura, quando, dopo averlo bevuto, mi alzo per mettere la tazzina nel lavello. “È solo per qualche mese, vedrai, appena io e Claudio avremo ingranato cercheremo subito un altro appartamento”. Poi aggiunge “Alessandro ormai è grande, ha bisogno di una stanza tutta per sé”. Come se questo fosse il vero motivo, ma da come abbassa lo sguardo non ci crede nemmeno lei.
Mi siedo e mentre la guardo strapparsi via le pellicine dalle dita, come faceva anche da bambina, penso a Laura, che se fosse qui al mio posto avrebbe saputo sicuramente cosa fare. O almeno cosa dire. Ma lei non c’è più, e così prendo la sua mano tra le mie mentre cerco di convincermi che andrà tutto bene. Poi le accarezzo il viso, mi faccio coraggio e le dico una bugia.
Copertina di Lavinia Buffa
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Daniele Israelachvili, nato a Bologna nel 1978, comincia a scrivere i suoi primi racconti durante le lezioni di Microeconomia all’università, ma non lo dice a nessuno perché ai suoi occhi è come se suonasse l’ukulele nudo. Ancora oggi, dopo la nascita dei suoi figli, due volte alla settimana si chiude in cantina a scrivere, dicendo a sua moglie che va a correre. Alcuni suoi racconti sono usciti, o saranno pubblicati a breve, su ‘tina, Risme, Blam, Bomarscé, Clean, Pastrengo, Narrandom, Il Fuco, Grande Kalma, Smezziamo, Mirino, L’Irrequieto e Malgrado le mosche.