Dove sei

Dove sei?

 

per Alice

Ovviamente non lo sapeva, o meglio, si era rifiutata di ipotizzarlo. Si scoprì poi, alla fine di tutto, che nessuno ne era a conoscenza, neanche le amiche di lunga data come Margherita. Dopo essere state colleghe per anni, erano rimaste amiche anche una volta che le strade lavorative si erano diversificate. L’amicizia era continuata, saldamente fondata sullo stesso percorso di studi, la stessa maestra, una donna straordinaria, e da una estrema sintonia frutto di un’indole allegra ed estroversa, sempre pronta alla battuta e all’ironia. Sembrava incredibile una tale coincidenza: la maestra aveva plasmato le due bimbe rendendole curiose, interessate a tutto, avide di sapere. Il liceo classico e la laurea in lingue con inglese come prima lingua avevano fatto il resto. Lavorando nella filiale italiana di una multinazionale americana, pur in settori diversi, succedeva che si cercassero per raccontarsi aneddoti e battute in inglese, ridendo poi a crepapelle di circostanze che capivano solo loro.

Anche Arianna era nata in estate, durante il torrido caldo padano, e la cena per festeggiare i compleanni congiunti era l’appuntamento fisso di luglio. In quell’occasione si parlavano addosso per ore, chiacchiere gioiose per raccontarsi mesi di avventure arretrate, un po’ di pettegolezzi su colleghe e conoscenze in comune, i successi dei figli, gli aneddoti più divertenti sui mariti e tanto altro ancora.

Per alcuni anni avevano anche condiviso l’aiuto domestico rappresentato da una signora minuta, non più giovanissima, che era in grado di scaravoltarti la casa per pulirla scrupolosamente da cima a fondo. Era stata Margherita a consigliargliela: i bambini di Arianna andavano ancora all’asilo, e lei aveva assolutamente bisogno di una mano in casa.

Quante volte poi ne avevano scherzato insieme, la piccola signora arrivava e salvava le loro vite dal caos. Margherita addirittura sosteneva la tesi secondo cui Dio, di pirsona-pirsonalmente, inorridito dalla sua palese incapacità a prendersi cura di casa-figli-cibo-marito, avesse provveduto a mandargliela. Certe sere, tornando a casa, Margherita scopriva che le tende erano state staccate, messe in lavatrice e riappese, le terrazze spazzate e lavate, e gli alimenti scaduti in dispensa accuratamente messi da parte. Questa cosa delle scadenze era proprio il suo tallone d’Achille – mugugnava tra sé Margherita – non riusciva proprio a starci dietro…

Addirittura, una volta la piccola signora aveva smontato il lampadario in stoffa in una delle stanze delle bimbe, aveva lavato, stirato e rimontato la fodera, e poi tutta soddisfatta, le aveva chiesto «E lei, l’aveva mai fatto?», e Arianna, sbigottita «Non mi aveva mai neanche sfiorato la mente che si potesse…» E alle cene, lei e Arianna si raccontavano tutte queste perle, ridendoci sopra un sacco.

Tanti anni prima, una cara collega ed amica in comune, Frederika, era morta di tumore, a soli trentatré anni. Margherita ricordava ancora il momento in cui, davanti alla macchina del caffè, le aveva raccontato della sua malattia, con una tale leggerezza che sul momento pensava di non aver capito. «Perché sai, non è che sono proprio a dieta. È che ho un linfoma di Hodgkin, quindi faccio fatica ad assimilare. Ce l’ho da quindici anni, ma stavolta ce la faccio, ne vengo fuori. Ho incontrato un medico meraviglioso, mi ha garantito che mi salverò». Il medico si chiamava Di Bella, e non funzionò. Frederika resistette parecchio tempo, verso la fine si sottopose anche ad una tracheostomia per riuscire a respirare. Nonostante sapesse di essere praticamente alla fine, insistette per vedere un’ultima volta le due amiche. Riuscì addirittura a scherzare sul fatto che era in grado di respirare grazie ad una valvola tracheostomica costruita nello stabilimento dove loro tre lavoravano. Arianna le dava corda e, dato che si trovava al Controllo Qualità, le garantiva di avere un occhio di riguardo per quelle valvole.

Questo tragico avvenimento le aveva legate ancora di più, e nell’anniversario della sua morte si trovavano sempre per ricordarla, durante la Messa che Margherita chiedeva di far celebrare. Il dolore indicibile dei primissimi tempi si era stemperato negli anni in una dolce malinconia, e quando si incontravano la ricordavano con affetto e struggimento.

Alcuni anni dopo la morte di Frederika, Arianna si era ammalata. Tumore al seno, a nemmeno quarant’anni. Poco tempo dopo, anche Margherita ricevette la stessa diagnosi, e di nuovo, quasi per ironia della sorte, avevano seguito un medesimo percorso terapeutico: la quadrantectomia, la radioterapia, cinque anni di cura ormonale, e a seguire una nuova, tenue normalità fatta di controlli periodici.

Passati i fatidici cinque anni in cui le recidive sono statisticamente più probabili, ciascuna delle due aveva ricominciato una vita serena, ricostruendosi una nuova tranquillità e fiducia nell’avvenire. Ripresero anche le solite cene a base di pietanze fritte e pesanti, salumi, e neanche l’ombra di una sana verdurina. Alla faccia del tumore, avevano commentato entrambe ridendo.

Da quando non erano più colleghe si vedevano meno di frequente, ma l’appuntamento di luglio era intoccabile. L’anno precedente, però, l’incontro fisso dei compleanni era saltato causa vacanze incrociate e si era arrivati al nuovo anno, quel 2020 drammaticamente segnato dalla pandemia. Si incontrarono casualmente all’inizio di febbraio, ed Arianna le raccontò che aveva subito un grosso intervento chirurgico, ma che il decorso era buono, e ne stava uscendo bene. «Era un tumore, comunque» aggiunse quasi sul punto di lasciarsi «ma il chirurgo mi ha rassicurato…»

A Margherita si agghiacciò il sangue a sentire quella parola e non ebbe cuore di fare ulteriori domande. Avrebbe voluto chiedere tante cose, ma preferì far finta che la notizia fosse un particolare trascurabile e non drammatico, quindi sorrise e la rassicurò. A posteriori, Margherita avrebbe ripensato a quel giorno quando, tornando a casa, si era rifiutata di prendere anche soltanto in considerazione l’ipotesi peggiore e aveva deciso di credere alle parole rassicuranti di Arianna. E di non pensare a Frederika.

La pandemia impedì loro di vedersi per recuperare la famosa cena dell’anno precedente, si sentirono con un paio di messaggi su WhatsApp. Arianna sembrava serena, raccontava che lavorando da casa aveva un sacco di tempo per curare il giardino e che il prato non era mai stato così bello.

Poi, con la violenza di una scossa di terremoto, arrivò il messaggio di Arianna: no, non se la sentiva di uscire a cena con Margherita, e non sapeva nemmeno quando questo sarebbe potuto accadere. Era in ospedale, dove aveva cominciato la chemio a causa di una metastasi.

Margherita continuava a fissare instupidita lo schermo e a ripetersi: non è vero, non è vero, non può essere vero. Alcuni giorni dopo, un messaggio di Arianna la informò che era tornata a casa, stava un pochino meglio, e aspettava di rimettersi in forze per vederla.

Margherita si sentì un po’ rinfrancata e partì per il mare. Il programma era stare alcuni giorni sulla costa con un’amica, in un’ottica di svacco totale, tutta la giornata in spiaggia, tra bagni, lunghe passeggiate, chiacchiere e letture sotto l’ombrellone. Non fecero nemmeno lo sforzo di prepararsi da mangiare, il ristorante del bagno cucinava così bene e le giornate a giugno sono lunghe e dolci, il sole non sembra mai disposto a tramontare, perché tornare a casa?

Una sera trovarono la forza per fare una passeggiata in centro e puntarono subito un negozio di bigiotteria ed articoli etnici che vendeva cose splendide. Luglio si avvicinava, e Margherita cominciò a pensare ad un regalo per Arianna, da darle al compleanno che sarebbe stato dopo un paio di settimane soltanto. Trovò un delizioso braccialettino, con tre file di perline sberluccicanti, ed un piccolo quadrifoglio appeso. Pensò che il quadrifoglio costituiva il regalo giusto per l’occasione, era decisamente di buon auspicio. Tutta soddisfatta si fece fare un bel pacchettino regalo e, tornata in città, pensò di scriverle al più presto per capire se si sentiva di vederla. Ma non ci fu il tempo.

La telefonata le arrivò prima di sera, stava per mandare il messaggio quando squillò il telefono e un’amica comune le disse che Arianna non c’era più. Pian piano le notizie cominciarono ad arrivare, Margherita si rese conto che quasi nessuno sapeva che era malata, tanto meno che fosse così grave.

Margherita era inebetita, continuava a telefonare ad amiche e conoscenti in comune, cercando disperatamente informazioni, nella speranza che qualcuno che le dicesse che non era vero niente, che Arianna era sì malata, ma viva, con la sua famiglia. L’incredulità era il sentimento predominante, più ancora del dolore che – era certa – a breve avrebbe preso il sopravvento.

Ma purtroppo era tutto vero. Margherita non riuscì nemmeno ad andare alla camera ardente: una visita medica fuori regione prima, il lavoro poi… tutto sembrava congiurare per impedirle di salutare l’amica l’ultima volta.

Non ci fu nemmeno il funerale. La mancanza di un rito, laico o religioso che fosse, l’aveva privata del momento del commiato, di quel tempo fondamentale per rendersi conto del passaggio, per metabolizzare una mancanza, convincersi che una persona non c’è più e che può continuare a vivere solo nei ricordi di coloro che l’hanno conosciuta ed amata.

Dal fondo della memoria, riemersero improvvisamente alcuni versi dei Sepolcri:

“Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l’armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente de’ suoi? Celeste è questa
corrispondenza d’amorosi sensi”.

Chissà se anche Arianna amava Foscolo, era mai successo che ne parlassero insieme?

E fu così che Margherita cominciò a vagare per casa, stordita, mentre nella sua mente una domanda continuava a tormentarla, dove sei, Arianna, dove sei? In un angolo, aveva appoggiato il sacchetto che conteneva il regalo di compleanno, e non sapeva nemmeno se avrebbe trovato il coraggio di farne qualcosa. Sbrigava le faccende domestiche, attività che notoriamente non richiedono un grosso impegno intellettuale, e la sua mente divagava in mezzo a quei pensieri, dove sei, dove sei…

Quando si trovava al lavoro, e teoricamente era più concentrata, il ricordo di Arianna la colpiva comunque all’improvviso, e la lasciava senza fiato. La domanda continuava a tormentarla senza sosta, l’amica era sempre nei suoi pensieri, Margherita non riusciva a farsene una ragione. Il non poterla collocare da qualche parte era devastante, non le permetteva di cominciare a metabolizzare il dolore della perdita.

Una notte in cui era sveglia e continuava a pensare a lei, le venne improvvisamente in mente un episodio di alcuni anni prima, che solo ora le tornava vivido alla memoria. Durante una bellissima vacanza in Mar Rosso, avevano fatto un’escursione alla riserva marina di Ras Muhammad. Le bambine erano ancora piccole, quindi il marito era rimasto con loro mentre lei faceva il bagno sola nelle acque cristalline della riserva. Proprio Arianna le aveva prestato la muta da sub, forse per quello era riaffiorato il ricordo dell’immersione.

Dopo pochi metri con l’acqua ai polpacci, cominciava subito il reef e un “muro” con pareti di corallo precipitava per almeno 90 metri, aveva spiegato la guida. Margherita si era immersa e, nonostante sapesse nuotare benissimo e macinasse in piscina decine di vasche ogni settimana, l’aveva colta una specie di vertigine, non aveva mai nuotato con decine di metri d’acqua sotto di lei.

Si mise maschera e boccaglio, spinse sotto la testa e spalancò gli occhi in quel blu così intenso: l’acqua brillava per i bagliori del sole, tantissimi pesciolini colorati risalivano verso di lei dal fondo, e guizzavano agili e leggeri. Era incredibile quanta luce ci fosse, e Margherita improvvisamente sentì una pace incredibile, l’acqua, la luce, i pesci.  E senza nessun motivo apparente le venne in mente la morte, e sperò che fosse così, una lenta discesa in un vortice luminoso di acqua, tra pesci argentei.

Copertina di Elianne Dipp da Pexel

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Un racconto di Mariangela Maretti

Sono nata a Mirandola (MO) il 29 luglio 1963, dopo la maturità classica mi sono laureata c/o l’Università degli Studi di Bologna in Lingue & letterature Straniere e Moderne (Inglese e Tedesco), con una tesi sperimentale sulle commedie di Oscar Wilde.
Ho sempre lavorato nelle aziende biomedicali della zona con varie mansioni. Da alcuni anni collaboro con una scuola privata dove impartisco lezioni di inglese. Una mattina alla settimana lavoro come volontaria alla Caritas Diocesana dove organizziamo anche le lezioni di italiano per straniere. Sto preparando la certificazione B1 di spagnolo.
La mia grande passione è la lettura, amo molto la letteratura angloamericana, i gialli scandinavi ed il noir italiano. Ho cominciato a scrivere negli ultimi mesi approfittando della forzata permanenza in casa causa pandemia e ho scoperto che scrivere mi diverte quasi quanto leggere.
Infine, sono sposata, ed ho due figlie ormai adulte.

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