Cose che dovrebbero sparire

Cose che dovrebbero sparire

Racconto di Marianna Vitale

Ci sono cose che non piacciono a Dalia, per quanto si sforzi di farsele andare a genio. Lo smalto per le unghie è una di queste. Le sembra che le accorci le dita, e poi non sopporta quando si scheggia e rimane lì tutto rovinato, incompleto.
Neanche i tacchi le piacciono troppo: passati i trenta sono una tortura inutile. Preferisce le scarpe da ginnastica, le Vans con la suola piatta, al massimo i sandali alla schiava con un leggerissimo rialzo.
Poi ci sono cose che la divertono solo per poco tempo. Come i video dei gattini su Instagram, o le ricette per preparare le torte fatte in casa. Vanno bene una volta, al massimo due, alla terza si stufa e va a comprare i dolci in pasticceria.
Il figlio di Daniele potrebbe tranquillamente far parte di questa categoria.
Non che non ci abbia provato, a farselo piacere. Un po’ come con i dolci, le ha tentate tutte: ha iniziato a piccole dosi, per stabilire con lui un’intimità. Ha cercato di farselo amico con qualche regalo e lo ha addirittura portato a cena da MacDonald’s. Ma niente, dopo mesi di tentativi inutili sono due estranei che fingono di andare d’accordo solo per fare felice il suo papà.
Daniele però sembra credere che si piacciano sul serio. Quella sera, dopo il Mac, le ha sussurrato all’orecchio un grazie compiaciuto che le ha fatto quasi venire voglia di adottarlo, quel bambino. Ma poi lo hanno riaccompagnato a casa della madre, e lei e Daniele hanno fatto l’amore fingendo di nuovo di essere loro due soli – due ragazzini innamorati, senza un passato e con tutta la vita davanti.

Per cena Dalia ha fatto il pollo allo spiedo: lo ha comprato, in realtà, perché la cucina, così come la pasticceria, non è nella lista delle cose che preferisce. In compenso sta friggendo le patatine – quello sì, le riesce piuttosto bene. Daniele è andato a prendere Pietro al corso di karate, e come al solito ha dimenticato il cellulare sul tavolo della cucina. Quando suona, Dalia lo guarda soprappensiero: hanno lo stesso modello e ogni volta pensa sia il suo. Sopra alla foto di loro due scattata sul Lago di Garda, vede comparire il nome della ex di Daniele.
Stasera tardo un po’, lo riaccompagni per le 23? dice l’anteprima del messaggio.
Fantastico, pensa, le 23. Se avesse una lista delle cose che dovrebbero scomparire dal mondo, il nome della ex-moglie del suo compagno sarebbe proprio in cima.
Appena Daniele apre la porta di casa, Dalia posa il telefono e porta in tavola le patatine. Pietro, ancora in kimono, corre a rubarne una. Lei sta per sorridergli ma il suo sguardo imbronciato la trattiene. Perché quel bambino è sempre così arrabbiato?
«Vai a lavarti le mani, prima» gli dice.

E poi, rivolta a Daniele: «Hai dimenticato il telefono anche stavolta».
Lui capisce appena lo sblocca. «Vorrà dire che guarderemo un bel film insieme».
Dalia si trattiene dal rispondere che ha del lavoro arretrato e, purtroppo, non potrà unirsi a loro.
Siedono a tavola, e Pietro chiede subito se può guardare i cartoni animati.
Lei accende la tv senza pensarci, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Daniele, che non gli aveva dato il permesso. Ma è sempre meglio che cercare, invano, un argomento di conversazione che possa interessare un bambino di sette anni. Per alleggerire la tensione, Dalia allunga una mano sotto al tavolo, appoggiandola tra le gambe del compagno, che la guarda complice. Ed ecco che lei sente di nuovo quel calore alla bocca dello stomaco. Basta poco, pensa. Basta fingere di essere soli. Ma la sigla dei Pokémon in sottofondo è sufficiente a farla tornare alla realtà, e a far guadagnare al cartone animato un posto d’onore tra le cose che dovrebbero scomparire dal mondo.
Pietro mangia il pollo con le mani, mantenendo lo sguardo fisso sullo schermo. Così, di profilo, assomiglia al padre. Ha lo stesso naso aguzzo e lo sguardo assorto che ha anche lui quando una cosa lo appassiona – la stessa espressione con cui guardava Dalia quando si sono conosciuti.
«Vuoi un po’ di ketchup sulle patatine?».
Lui annuisce e le porge il piatto per farselo riempire.
«Come si dice?» fa Daniele.
«Grazie, Dalia».
Pronunciato dal bambino, il suo nome le mette i brividi. È così freddo, così insignificante. Ma in fondo come dovrebbe chiamarla? Non certo mamma, e nemmeno Cookie, come la chiama Daniele quando le dice che è buona come un biscotto. Però proprio non le piace come suona sulla sua bocca.
Mentre manda giù le patatine quasi senza masticarle, Dalia conta i minuti che mancano all’ora in cui Pietro dovrà tornare a casa e loro rimarranno finalmente soli. Potrebbe prepararsi un bagno, riempire la vasca con i sali profumati e sprofondarci dentro per togliersi di dosso l’odore di fritto e il pensiero insopportabile di Daniele che racconta alla sua ex quanto è meraviglioso il loro bambino. Al suo ritorno, potrebbe anche permettergli di entrare nella vasca con lei, e lasciare che le sue mani sciolgano le tensioni della giornata con un massaggio al collo, alle spalle, e poi più in basso.

Dalia non è una stupida, sa bene che stare con un uomo come Daniele comporta dei sacrifici. Eppure pensava che in fondo Pietro sarebbe stato un asterisco a margine della loro storia d’amore – come nei menu dei ristoranti, con i prodotti surgelati: attenzione, in alcuni periodi potresti ritrovarti un figlio in più. E invece Daniele stravede per il loro rapporto, pensa che lei sia perfetta come madre e quel fine settimana ha organizzato un fantastico programma per loro tre soli: andranno al centro commerciale a fare shopping, come piace a lei, e poi in sala giochi, come piace al bambino. Mangeranno la pizza fuori e saranno il ritratto di una famiglia felice, Pietro si fermerà a dormire da loro e lo riporteranno a casa solo la domenica pomeriggio. È inspiegabile che sia riuscito a convincere la ex, ma Dalia non ha voluto approfondire l’argomento: è già abbastanza complicato capire come farà a sopportare il bambino per più di qualche ora di fila.
Quel sabato, mentre lui va a prendere Pietro a scuola, lei ripassa mentalmente la lista dei motivi per cui non dovrebbe tirarsi indietro e inventare un impegno di lavoro dell’ultimo minuto.
Motivo numero uno: Daniele la prenderebbe sul personale e glielo farebbe pesare per l’intero weekend.
Motivo numero due: se desidera un futuro con Daniele, prima o poi dovrà imparare a legare con Pietro.
Motivo numero tre: potrebbe farselo amico e provare a scoprire qualcosa di più sulla ex di Daniele, una carta da giocare a suo favore.
Ma non le sembrano motivi validi per fingersi la madre di un bambino che non è il suo.
Sta per telefonare a un’amica per chiederle di venirla a prendere con una scusa qualsiasi quando Daniele entra in casa, con Pietro al seguito.
Il bambino cammina a testa bassa, trascinando lo zaino, e per la prima volta le viene in mente che potrebbe essere meno entusiasta di lei del weekend che li aspetta – e che forse in quel loro non sopportarsi a vicenda potrebbero trovare un terreno comune.
Questo pensiero le infonde una sicurezza nuova. Bacia Daniele sulle labbra, approfittando di un momento di distrazione di Pietro, poi aiuta il bambino a togliersi la felpa e lo accompagna a lavarsi le mani.
«Com’è andata a scuola?» chiede, strofinandogliele col sapone.
«Faccio da solo» dice lui, liberandosi dalla stretta.
Lei gli porge l’asciugamano e intanto pensa di aver capito quale strategia adottare.
«Vieni, il pranzo è pronto».
Pietro corre verso la cucina e si mette a sedere accanto al padre. Dalia tira fuori dal forno la porzione di lasagne che ha ritirato quella mattina in gastronomia e fa i piatti.
«Te le taglio io, così si raffreddano e non ti scotti la lingua».
«No, faccio io» si lamenta il bambino, allontanandola con la mano.
«Pietro!» lo rimprovera Daniele. «Non fare il maleducato».
«Non preoccuparti» dice Dalia, sentendosi importante come una dama contesa in un corteo medievale. Gli porge il coltello con la punta arrotondata invitandolo a fare da solo.
Poi si siede e inizia a mangiare.
Daniele le sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio e le fa una carezza sulla guancia. «Oggi vi porto al centro commerciale» dice, con orgoglio.
«Mi compri un videogame?» chiede subito Pietro.
«Vediamo» dice Daniele. Che vuol dire sì, e suo figlio lo sa benissimo. «Se fai il bravo adiamo anche in sala giochi».
«Viene anche lei?».
«Certo che viene anche lei, andiamo tutti insieme e ci divertiamo».
Sì, come no, una festa pazza, pensa Dalia. E invece dice: «Qualcuno vuole il bis?».
Il bambino scuote la testa.
«Allora pulisciti la bocca, che sei tutto sporco di sugo» gli dice suo padre.
Lui si sfiora appena con il tovagliolo, poi scende dalla sedia e va in camera sua – la camera che una volta era lo studio di Dalia, ma che ora è piena di Gormiti, Avengers e stelline che si illuminano al buio.
«Non ce l’ha con te» la rassicura Daniele.
«Lo so» fa lei, e maschera ogni sua insicurezza dandogli un bacio che sa di ragù.

Davanti allo specchio della camera Dalia si lega i capelli sulla nuca e fissa la sua immagine riflessa domandandosi che aspetto ha una madre, e in che cosa è diversa da lei. Forse la pelle tonica del suo ventre rivela che non ha mai avuto una gravidanza, o forse dal suo taglio sbarazzino si capisce subito che non ha nemmeno voglia di pettinarsi i capelli la mattina, figuriamoci prendersi cura di un bambino.
Manuela, invece – così si chiama la madre di Pietro – porta i capelli lisci e lunghi, ordinati con una riga precisa in mezzo alla fronte. L’ha visto dalla sua foto profilo di Facebook, perché dal vivo non si sono mai conosciute, e Dalia spera di continuare così ancora a lungo. Gli occhi, Pietro li ha presi da lei: sono grandi e rotondi, sempre spalancati come due oblò da cui guardare il mondo.
Dalia ha gli occhi piccoli e gli zigomi pronunciati, ci passa sempre un filo di trucco per farli risaltare. A Daniele piacciono i suoi lineamenti, o almeno così le ha rivelato quando si sono conosciuti – ha detto che lo ha colpito per la sua bellezza esotica. Ma ora che ci pensa si rende conto che fa parte di quelle frasi di repertorio che funzionano solo al primo appuntamento.
«Sei pronta?» domanda Daniele entrando in camera.
«Quasi».
Dalia si passa il mascara sulle ciglia e infila nella borsetta lo stretto necessario: portafoglio, telefono e un Moment, perché prevede un gran bel mal di testa a fine giornata.
Il centro commerciale è più affollato del solito e Daniele prende Pietro per mano, in modo da non perderlo di vista. Lui sbuffa ma non si oppone. Dalia entra nel suo negozio preferito, mentre loro due vanno a cercare quello di videogiochi. Per la prima volta da ore le sembra di poter respirare. Si infila nel camerino per provare una giacca e si fa portare dalla commessa i pantaloni abbinati. Mentre fa la fila alla cassa, però, cambia idea: non ha bisogno di un tailleur che la faccia sembrare più vecchia. Quello che le serve è qualche nuova t-shirt e un paio di jeans strappati sulle ginocchia. Cambia negozio senza avvisare Daniele, fa i suoi acquisti e poi si siede al bar a sorseggiare un caffè, le buste piene di vestiti ai suoi piedi. Solo allora gli fa sapere dove può trovarla, e lui la raggiunge subito insieme a Pietro.
«Fammi vedere cos’hai preso» chiede Dalia.
Il bambino le mostra distrattamente la custodia del gioco.
«Ah, supereroi. Figo. Vuoi vedere quello che ho preso io?».
Tira fuori da una busta una maglietta bianca con l’immagine di Wonder Woman, e per un momento riesce a catturare il suo interesse. «Ti piace?».
«Bella! Ne compriamo una anche alla mamma?».
«Non credo che la mamma la metterebbe» interviene Daniele, e a Dalia sembra quasi un rimprovero.
«Andiamo in sala giochi adesso?».
«Certo, ora andiamo. Ma prima papà deve prendere una cosa anche per lui. Perché non vai a fare un giro con Dalia?».
«Wow, ora sì che ci divertiamo» commenta lei.
«Faccio subito. Ci vediamo alla macchina tra un quarto d’ora».
Lei prende per mano Pietro e si allontana sperando sia il quarto d’ora più rapido della sua vita.
«Hai fame, prendiamo un gelato?».
«Okay» risponde il bambino, quasi fosse un favore che fa a lei.
Si immergono nella folla del centro commerciale e per un attimo Dalia pensa a come sarebbe facile lasciare che la mano di Pietro si staccasse dalla sua. Sentire le sue piccole dita che le scivolano sul palmo, una dopo l’altra – lei che piano piano si allontana, lui che scompare come ingoiato dalle sabbie mobili. Sono cose che succedono, quando si è in mezzo a tanta gente.
Ma quando Pietro molla un po’ la presa, è lei a stringere più forte.

In sala giochi il bambino si piazza davanti ai simulatori di guida: i videogiochi che preferisce sono quelli con le auto da corsa. Seduto davanti al volante si concentra e si isola dal resto del mondo. Daniele ne approfitta per stringere Dalia nella penombra e strapparle qualche bacio che le fa tornare in mente i corteggiamenti delle scuole medie – era così che si immaginava a trent’anni?
«Papà, ti sfido al canestro».
Pietro compare all’improvviso, mentre sono ancora appiccicati uno all’altra.
«Ti sfido io» dice Dalia, sistemandosi i capelli.
«No, voglio papà».
«Facciamo una partita per uno, okay?» interviene Daniele.
Pietro alza le spalle e va a posizionarsi davanti al canestro. Inserisce il gettone e comincia a tirare senza dare il tempo a Dalia di raggiungerlo. Ma lei è più veloce e più abile e in pochi minuti raddoppia il suo punteggio.
«Sei troppo forte» dice lui, sbuffando.
«Ora provo io, che sono una schiappa. Vedrai che mi batti» lo consola Daniele, che sbaglia apposta tutti i tiri per farlo vincere.
«Non lo educhi lasciandogli credere che sia più forte di te» commenta Dalia a denti stretti per non farsi sentire dal bambino.
«Ma nemmeno stracciandolo».
«Che ci posso fare se ho un’ottima mira?!».
«Facciamo l’ultima che poi è ora di cena».
«Sì però la faccio con te, papà».
Pietro e Daniele riprendono a giocare, Dalia si allontana per comprare una bottiglietta d’acqua che l’aiuti a ingoiare la compressa di Moment. Ancora un paio d’ore e poi lo mettiamo a letto, pensa. Immagina di chiudere a chiave la porta della sua cameretta, di aprirla solo il mattino dopo, e di trovarla magicamente vuota.

La pizza è l’ultima sfida di quella giornata che sembra non finire mai. È la sua ultima occasione per dimostrare a Daniele che, per quanto lei si impegni, suo figlio la detesta. Ci hanno provato ed è andata male, capita. In fondo è solo un bambino, è normale che preferisca stare con la mamma. Certo, a lei farebbe piacere trascorrere del tempo tutti e tre insieme, ma devono fare quello che è meglio per Pietro. Quando sarà più grande ne riparleranno, ora perché non si godono un po’ di tempo tutto per loro?!
«Per lei, signora?» domanda il cameriere, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. Dalia ci mette un momento a capire che sta parlando con lei. «Una margherita» risponde poi. Ha fissato il menu per dieci minuti senza leggerne neanche una parola.
«Per me con le patatine fritte» chiede Pietro.
«Facciamo così: prendiamo le patatine a parte e ce le mettiamo sopra, okay?» suggerisce suo padre, sapendo già che il bambino mangerà tutte le patatine e a lui toccherà finire la pizza.
«Okay».
«Allora una con la salsiccia e due margherite, più una porzione di patatine. Giusto?» ripete il cameriere.
«Esatto».
«Da bere?».
«Io la Coca!».
«Però la dividi con papà» interviene Daniele. «Una Coca, una naturale e…».
«Una birra media» conclude Dalia.
«Anche quella la dividiamo con papà» ride lui.
Il cameriere si allontana e torna poco dopo con le bibite.
Daniele versa un po’ di Coca-cola al bambino. «Allora, ti sei divertito oggi?».
Lui ci pensa un attimo e annuisce.
«Lo rifacciamo?».
«Okay».
«Magari la prossima volta andiamo al cinema» suggerisce Dalia, sentendosi costretta a dire la sua.
«Buona idea» dice Daniele.
«A vedere il film degli Avengers» aggiunge Pietro. «Esce il 15».
«Fantastico» commenta lei, mandando giù un sorso abbondante di birra. Fa una rapida ricerca in rete e scopre che in effetti c’è un nuovo film degli Avengers che uscirà proprio la settimana successiva. Grande idea, la sua. Ripensa a qualche mese prima, quando ogni weekend era per loro due soli e ogni volta Daniele organizzava qualcosa di speciale: una gita in montagna, un massaggio di coppia, una cena in un ristorante etnico del centro.
Arriva il cameriere con le patatine e Pietro ne prende subito una scottandosi le dita.
«Gradite ketchup e maionese?».
«Sì!» dice il bambino.
«No, grazie» risponde Daniele, ma il cameriere gliele porta lo stesso.
Dalia mette in bocca una patatina e quasi non si accorge del calore che le brucia la lingua.
Per fortuna arrivano anche le pizze, e il masticare silenzioso li salva da altre conversazioni pericolose o imbarazzanti. Dalia finisce la birra che Daniele non ha nemmeno toccato, Pietro si ferma a metà pizza e il padre chiede al cameriere un cartone per portarla via. Non ordinano il dessert – cosa che farebbero, se fossero da soli – perché il bambino ha già mangiato a sufficienza ed è meglio non fargli venire voglia di dolci.

Una volta a casa, Dalia si chiude in bagno e apre l’acqua della doccia sperando che nel frattempo Daniele riesca a mettere a letto il figlio. Sotto il getto d’acqua calda si strofina come se la spugna insaponata potesse cancellarle dalla pelle le tracce di quella giornata. Il mal di testa alla fine le è venuto lo stesso, e non basterà una dormita a mandarlo via. Ma se Daniele vorrà fare l’amore, pensa, non si opporrà. Muoversi piano per non svegliare il bambino chiuso nella camera accanto potrebbe diventare un gioco – stringersi in silenzio sotto le lenzuola, coprirsi fin sopra la testa in modo che, se mai dovesse entrare, non si accorga dei loro corpi nudi. Quando esce dalla doccia si sente già meglio. Si infila la camicia da notte, si lava i denti e si asciuga i capelli. È passata più di mezz’ora e pensa sia un tempo sufficiente perché un bambino prenda sonno. Ma appena esce dal bagno se lo ritrova lì, nel mezzo del letto matrimoniale, raggomitolato su un fianco come fosse ancora nel grembo di sua madre.
«Cosa ci fa lui qui?» chiede sottovoce.
«È la prima volta che dorme in questa casa» spiega Daniele. «Non gli andava di stare da solo».
«Non è un po’ grandicello per dormire nel lettone di papà?».
«Io da piccolo ero uguale».
Dalia avverte il freddo del pavimento sotto ai piedi nudi e improvvisamente si sente una stupida per aver anche solo immaginato che tra le lei e Daniele potesse succedere qualcosa quella notte. Si infila un paio di calzettoni, una vestaglia, e lo saluta con un bacio leggero sulle labbra.
«Domani lo riporto da sua madre e sono tutto per te» la rassicura lui.
Dalia esce dalla stanza ed entra nella cameretta del bambino. Si sdraia e si rimbocca le lenzuola con i cagnolini, che profumano di nuovo e di pulito. Poi si stende a pancia in su, fissando il soffitto. Ventisei stelline fluorescenti illuminano l’ambiente come se ci fosse una lampada ancora accesa. Dalia chiude gli occhi e immagina che scompaiano, una dopo l’altra, donandole quell’oscurità che è una delle poche condizioni per cui riesca a dormire davvero bene. Ecco, ora il soffitto è tutto nero. Immagina di far scomparire i giocattoli che Pietro ha portato lì, uno dopo l’altro, dimenticandoli tra gli scaffali di quella che doveva essere la sua libreria: prima sparisce il pupazzo di Trek, il Gormito più forte di tutti, poi quello di Capitan America e infine il panda di peluche, l’unico che in fondo non le dispiace. Spariscono le matite colorate sparse sulla sua scrivania, i disegni che Pietro ha regalato a suo padre e che lui ha appeso alle pareti. Scompare l’odore di dentifricio alla fragola, le impronte di scarpe piccole sul tappetino, la sigla dei Pokémon che ogni tanto le risuona ancora in testa. Scompaiono i vestiti di Pietro nell’armadio, il suo respiro lento e regolare dall’altra parte del muro – e alla fine scompare anche lui, lasciando nel letto matrimoniale uno spazio caldo e liscio, un giaciglio accogliente dove Dalia possa rannicchiarsi e, finalmente, prendere sonno.

Copertina AI-generated

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Marianna Vitale è nata a Rimini nel 1993 e si occupa di copy per il settore turistico. Nel 2022 ha pubblicato “Soltanto giovani”, una raccolta di racconti dedicati al tema dell’adolescenza con Augh! Edizioni. Alcuni suoi racconti sono stati tradotti in inglese e pubblicati su riviste internazionali come “World Literature Today” e “Apple Valley Review”.

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