Racconto di Monica Pace.
Sahra digita frenetica. Fa un freddo bestia questo gennaio, e lei si sta congelando alla solita fermata, mentre aspetta l’autobus dopo il lavoro. È stata una fortuna che qualcuno abbia inventato i guanti con le dita gommate, così, visto che le piace vestire un po’ scollata, almeno le mani non rischiano di caderle irrigidite dal gelo. Certo, ha dovuto comprare una taglia in più, altrimenti rischiava di rompere le unghie. Figurati! Con quello che costano le extension acriliche, ma ne è valsa la pena. Ha provveduto anche al cellulare: ha comprato una cover glitterata richiudibile su una bancarella, perché una volta le si è impallato per il freddo ed è stata sconnessa due ore prima di poter entrare in un bar a scaldarlo. Meno male che ogni due anni le scade il noleggio e, per soli 399 euro, tra poco le daranno il modello nuovo: al prossimo rinnovo anche lei avrà il 5G.
Clicca sull’icona dell’orologio dove ha aggiunto i fusi orari e vede sullo schermo che da Andrea in Marocco sono le 18:50. Proprio come lì da lei, ma in compenso ci sono venti gradi e un cielo senza nuvole. Si sono conosciuti al villaggio all inclusive dove lui fa l’istruttore di canoa e dove lei ha passato una delle sue indimenticabili vacanze. All’inizio Andrea l’ha presa in giro per il suo nome che assomiglia al deserto, poi Sahra gli ha spiegato che per i suoi genitori bastava ci fosse un’acca. Lei e Andrea si sono intesi subito e, non appena hanno rotto il ghiaccio, insieme hanno fatto scintille. Invece il deserto non le è mica piaciuto. Un giorno ha fatto una gita fuori dal villaggio, ma quel senso di vuoto e quegli spazi tutti gialli di luce e sabbia a Sahra sono apparsi inutili. Ha un sacco di foto di quella vacanza, quasi tutte insieme ad Andrea, e ogni tanto le scrolla con il dito. Quando è partita sua madre le voleva prestare la macchina fotografica. Figurati! Sahra ha riso a quella offerta, ma sua madre sta fuori dal mondo, non c’è niente da fare.
Lo chiama, tempo sprecato. Magari è fuori dal villaggio, e senza wi-fi non esiste al mondo che ti risponde. Sahra lo sa perché lei fa lo stesso quando non vuole consumare i suoi giga. Gli manda un messaggio dandogli un appuntamento per quando sarà rientrata a casa. Nell’attesa si immagina come sempre a fare quello che le chiede Andrea in video; la prima volta le ha spiegato che le loro chiamate sono come gli esperimenti perché aiutano a conoscersi meglio. Stavolta non ci sarà nessuna lezione a interromperci! La notte è meglio.
Non riesce a spiegarsi perché ma, a qualunque orario lei esca dalla sala slot dove lavora, le tocca aspettare il maledetto autobus almeno quaranta minuti. Saltella da un piede all’altro, ma si congela comunque le cosce, perché le calze, la gonna corta, gli stivaletti con il tacco di gomma non la proteggono abbastanza dal freddo della strada. Domani vado in pantaloni, si dice tutti i giorni, ma poi non si decide perché il suo capo la guarda male se non entra in sala un bel po’ scollata e con la mini.
Nel frattempo, scopre che da Luca a New York sono le 13:08; sei ore in meno, ci sono -2 gradi centigradi e nevischia. Eh, almeno quelli lì si congelano il culo più di noi! Sorride e lo videochiama. Luca le risponde dal retro del negozio di suo zio, dove è in pausa pranzo dal lavoro.
— Ciao Luca, non ti vedo, tu mi vedi?
— Ciao Sahra, come va? Sì, adesso ti vedo
— Senti, mi sa che forse riesco ad avere i soldi per il biglietto. Se vengo, quest’ estate, ci andiamo in California? Ho visto il sito degli Studios, è fichissimo, e poi voglio vedere le impronte degli attori! Allora? Che mi dici?
— E non t’accollare, dai! Manca un sacco a quest’estate! Ma che è ‘sta fissazione della California? Che vuoi fare l’attrice?
— E dai tu! Che poi i voli aumentano, no?
— È che ho speso un sacco di soldi per l’auto… e mio zio dice che mi devo trovare una casa per conto mio, non lo so Saretta… qui è un casino, che ti credi?
— Ma è da quando te ne sei andato che ne parliamo, sono passati sei mesi!
— Ascolta mi sa che per ora non posso decidere, qui costa tutto un sacco, e poi…
— Sì, vabbè ho capito, poi ci risentiamo che arriva l’autobus, eh? Ciao!
Sta perdendo la pazienza, e anche se sono stati compagni all’alberghiero, Sahra decide che per un po’ non lo richiamerà. Si fa un giro su Instagram e si accorge che Luca ha trasformato il suo profilo in “privato” e non riesce nemmeno più a vedere quello che lui ha pubblicato in passato, che stronzo!
Controlla se per caso l’autobus stia arrivando, niente. Maledizione. Mette una mano nella tasca del giubbotto per tirarlo un po’ giù: si sta davvero congelando il culo perché il giubbotto fino laggiù non ci arriva, quindi incassa un po’ il collo nelle spalle e le arriva un’onda di profumo. Sahra mette sempre il profumo prima di uscire dal lavoro, perché così le sembra di coprire l’odore di birra, moquette e sudore che si accumula alla sala slot a fine giornata. Si guarda attorno e si accorge che sono arrivate altre due persone alla fermata. Ecco perché il segnale è più debole, accidenti a loro. Stanno lì e succhiano e succhiano, come sanguisughe. Meno male che il Comune ha messo il wi-fi alle fermate degli autobus e alle panchine nei parchi, sennò era davvero un casino!
Vorrebbe dire ai nuovi arrivati che c’era prima lei, ma riabbassa lo sguardo sullo schermo e continua il solito giro sui social, così giusto per vedere che succede. Da Instagram, passa a TikTok; su Facebook ormai ci va quasi solo sua madre, perché bisogna capire dove va il mondo e stare al passo. Invece WhatsApp va ancora forte e Sahra sta in una ventina di chat: una per ciascuno dei viaggi che ha fatto da quando lavora, quella della palestra, della discoteca, della famiglia. Poi ci sono le chat segrete, come quella delle femmine di classe, ma solo alcune, mica quelle secchione che stavano sempre in prima fila. In giro per i gruppi non succede niente di importante, Sahra si limita a qualche risposta qua e là, hai visto mai che a qualcuno venga in mente un’idea brillante per svoltare la serata. È metà settimana e c’è il calcio in televisione, quindi tutti i maschi si stanno mettendo d’accordo nelle loro chat segrete per decidere a quale bar con il megaschermo si vedranno. Sahra lo sa che finiranno, come al solito, a quello di Piero, ma loro si mettono d’accordo lo stesso tutte le volte, e fino all’ultimo sembra esserci una grande incertezza sulla decisione finale. Forse lo fanno per depistare noi femmine. E chissenefrega.
L’orologio del telefono le dice che a Perth sono le 02:26 di domani, ci sono 17 gradi e la luna piena. È troppo presto per chiamarlo. Lo ha salvato sotto un falso nome tra i suoi contatti perché di Salvatore non deve sapere niente nessuno. Si sono conosciuti alla sala slot e lui era messo parecchio male, ormai Sahra ha un certo occhio per queste cose. Ogni tanto lui usciva a farsi una sigaretta, per poi rientrare e affogare un po’ di più. Era bello Salvatore, sarebbe potuto andare a “Uomini e Donne”; Sahra lo guardava negli occhi quando veniva a cambiare i soldi per giocare, poi un giorno hanno parlato. Sahra ha sentito un calore sul viso, meno male che il fard lo avrà coperto sicuramente. Lui ogni giorno sceglieva una slot con un tema diverso: dai vampiri, ai gladiatori alle sexy sirene, ma dopo un po’ le figure nemmeno le vedeva perché era concentrato sull’ebbrezza che gli dava il rumore degli spiccioli che si raccoglievano ogni tanto.
La loro storia è durata quattro mesi. Di tutta la sua vita, quel giorno lì è come un reel destinato a non invecchiare mai.
— Sahra, parti con me
— Ma se stai andando all’altro capo del mondo!
— E allora? È il sottosopra di cui abbiamo bisogno per raddrizzare le nostre vite, non lo vedi?
— Mah, che dovrei raddrizzare, io?
— Non mi dire che questo ti basta, che lavorare alla sala slot ti piace! Insieme possiamo avere un nuovo futuro!
— … e poi io le lingue straniere proprio non ce la faccio a capirle
— Ma dai, stai cercando scuse! È perché ho dieci anni più di te? È per i debiti? Ricomincerò, un mestiere lo so fare, dai Sahra! Ti prometto che insieme saremo felici…
Il giorno che è partito Sahra è stata triste, ma ha capito che quella era una storia sbagliata. Alla sala non sanno che è dovuto scappare, o forse lo sanno benissimo, meglio non indagare troppo con il capo. Ogni tanto ha nostalgia della vita che non ha avuto con Salvatore. Lui ha aperto una panetteria a Perth, il pane italiano lì va a ruba, e sta restituendo il fido bancario senza sgarrare una rata. Lei lo vorrebbe chiamare lo stesso, anche se in quel cavolo di città ai confini del mondo è ancora notte; magari si sveglia presto per fare il pane.
In lontananza intravede finalmente l’autobus sbucare da una curva. Che palle. Adesso mi toccherà stare scollegata almeno mezz’ora, che a fine mese ho già quasi finito i giga. Così, con i pochi istanti che le avanzano per rimanere attaccata alla connessione del Comune, Sahra controlla la webcam di casa tramite l’app che ha installato sul telefono. Il controllo remoto è stato una vera rivelazione, adesso sente di essere davvero padrona del suo mondo.
La casa è avvolta nel buio, l’unica luce è quella che si insinua di riflesso dai lampioni della strada attraverso le serrande di plastica non completamente chiuse. Sahra si accorge di aver lasciato la finestra aperta; la tenda si muove leggermente nella penombra al ritmo dell’aria ghiacciata e sbotta esasperata: — Porca puttana! Adesso ci farà un freddo assurdo in quel buco!
Le sanguisughe la guardano per un istante, poi riprendono a occuparsi dei loro schermi. Nella semioscurità Sahra intravede il suo gatto tendere un agguato all’ombra mobile della tenda: si rannicchia, scuote un po’ i quarti posteriori e la punta della coda, gli occhi vivaci e accesi dal buio, sferra il suo attacco al nulla e Sahra attraverso lo schermo: — Come sei scemo, bello di mamma!
Copertina originale di Ilaria Salvatori
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Monica Pace è nata a Firenze. Alcuni suoi racconti sono apparsi su riviste letterarie online. Partecipa come autrice aggiunta al collettivo Spazinclusi dal 2024.