Nome Valentina
Cognome Maini
Nata a Bologna nel 1987
Riviste Retabloid, Horizonte, terranullius, Verde (1, 2), Atti impuri, Osservatorio Cattedrale, rassegna di Oblique
Libri Casa rotta (Arcipelago Itaca 2016), La mischia (Bollati Boringhieri, 2020)
Segni letterari romanzo intenso, struttura complessa, alternanza di voci narranti, stile ricercato, sperimentazione linguistica, metanarrazione, sviluppo di una visione, la complessità del caos, le gabbie della libertà, fuga e ricerca, confidenza con la violenza, mettere in connessione, il peso delle radici, la strada del dolore, il racconto della dualità, la sorpresa del futuro.
Citazione
Ha sei anni, gli occhi di mio fratello e gli zigomi spessi di mio padre. Il resto viene da territori che non conosco. A volte provo ad esplorarli, ma tutto in lei mi pare nuovo, come se fosse germogliata altrove, lontano da noi. Una pianta del vento che non vuole radici. A volte mi ritrovo nel suo modo di ridere buttando indietro la testa, ma non ci tengo a somigliarle. Spero sia migliore e che la sua vita sia felice. É come se l’avessi partorita io, anche se Germana ride quando dico così e mi rimprovera. “Tu sei solo un’artista”. É il suo modo per farmi capire che ci sono cose che non conoscerò mai. Arreba mi chiama zia Go e mi fa sentire a casa. Viene da un mondo che ho ricevuto per sbaglio come un foglio di via destinato a un altro. Sono rimasta per lei, perché l’ho vista nascere, perché vederla nascere mi ha cambiata. Ho guardato al futuro, come mi dicevano i miei genitori, e nel mio futuro ho visto il suo.
IBIB Come nasce l’idea di “La mischia” e come è avvenuto l’incontro con la casa editrice Bollati Boringhieri?
VM Non credo che “La mischia” sia nata con un’idea, somiglia piuttosto a un movimento che per molti anni mi ha attraversata, e di cui ho cominciato, a fatica, a diventare più consapevole. Quello che avevo in mente, prima di iniziare, era una consistenza, un’atmosfera, una massa enorme di dolore e divertimento da maneggiare, e quel centro a cui tornare sempre, il mio segreto. Quando ho avuto la certezza di averlo custodito, seppellito, mi sono illusa anche di averlo trasformato, e che fosse indirizzato a qualcuno. Scrivere è davvero una cosa da malati mentali. Grazie al tramite di Oblique, la mia malattia ha incontrato quella di Andrea Bajani che ha voluto molto bene a “La mischia” e in poco tempo ha convinto Bollati Boringhieri a pubblicarlo. Sono stata molto fortunata.
IBIB Nel gennaio del 2016 sulla rivista Verde viene pubblicato il tuo racconto “Lei è cattiva” rileggendolo oggi mi sembra anticipi per temi, personaggi e potenza quello che poi sarà il tuo libro “La mischia”. Sto prendendo un abbaglio?
VM No, non sbagli, Gorane è nata lì. Jokin lo conoscevo già da un paio d’anni, anche se lo avevo un po’ trascurato, e quando mi sono imbattuta in lei ho pensato: Gore, conosco un ragazzo fantasma che ha bisogno di te.
IBIB Una delle cose che mi ha colpito molto leggendo sia il tuo romanzo d’esordio che i tuoi racconti apparsi sulle riviste online è la tua scrittura che è allo stesso tempo delicata e violenta. È una dualità che non emerge solo nella tua scrittura ma anche nei tuoi personaggi, nelle loro relazioni, nel rapporto tra realtà e letteratura.
VM Mi fa ridere, perché sono tra gli aggettivi che mi sento affibbiare più spesso, e non ho mai capito che vuol dire. Me lo spieghi? Sicuramente la violenza è un lascito familiare, il loro strumento per conoscere il mondo, ma anche una risposta alla loro fragilità, all’assenza di separazione in cui sono cresciuti. Sono due ragazzi esposti, con pochissime difese naturali: se le devono costruire artificialmente, un po’ alla buona, con la droga, la nevrosi. Però io ho un po’ un problema a definire la parola delicatezza, mi devi aiutare.
IBIB Potrei non esserne capace. Vorrei essere Gorane con i suoi disegni per mostrarti quello che per me è stato leggere il loro essere esposti, le loro fragilità, l’assoluta mancanza di cattiveria, il tentativo di prendere le misure con la libertà, la voglia di essere invisibili e visti, il loro estraniarsi dalle cose che hanno dentro e da quelle che ci sono fuori. Potrebbe essere questo, forse. Potremmo abbandonare la parola “delicatezza”. Che cosa scegli?
VM Forse tutto quello che mi hai appena detto deriva dal fatto che sono selvaggi, hanno imparato a districarsi nella giungla con pochi strumenti a disposizione. Sembra un po’ il contrario della delicatezza, ma forse non lo è, perché c’è una strana grazia nel non disporre di mediazioni, che filtrino la realtà sulla base di un sistema; nell’improvvisare e buttare fuori tutto come viene, senza la censura del pensiero. Un pezzo punk è delicato? All’apparenza no, anzi, eppure ha una leggerezza che mi sembra simile alla loro: scanzonata, secca, semplice. Che non perde la sua violenza. Ma è una violenza senza cattiveria, come dici tu, senza rancore, come quella di un animale che ti morde, graffia per difendersi, e non per punirti.
IBIB Scomparire (nelle sue varie sfumature) ritorna sia in alcuni racconti che nel romanzo (la scomparsa dei genitori, Jokin che va a Parigi e fa perdere le sue tracce, Gorane che si impegna per essere invisibile). Nel libro ad un certo punto scrivi: “La storia di ogni infanzia è quella di un bambino che fa rumore per essere trovato”. Nel tuo libro c’è anarchia ma non rumore. Come si trova qualcuno che non fa rumore?
VM Un ottimo inizio è accorgersi che è sparito.
IBIB È un libro gigantesco. È narrato da diversi punti di vista. C’è il ricorso all’espediente della metanarrazione. Verbali della polizia. Descrizione di sogni e di sedute di terapia. Un’intera parte (quella sui coniugi Moraza) senza uso di virgole. Come si scrive un libro così?
VM Lasciando da parte la paura di farsi male, di non essere pubblicati, di sembrare ridicoli. Con una buona dose di incoscienza e spietatezza verso sé stessi, un istinto alla libertà e un bisogno di orientamento; con moltissimo amore, più o meno per qualsiasi cosa. Con un paio di fantasmi posati sulla spalla.
IBIB Gorane e Jokin crescono in un contesto di estrema libertà imposta dai loro genitori (nonna Leire pare l’unica relazione con un sistema educativo passato e anche il solo punto fermo). I gemelli crescono in un contesto totalmente privo di regole, libero in apparenza ma ben definito da un punto di vista ideologico. Troppa libertà, però, sembra renderli inermi e privi di qualsiasi slancio. L’unica cosa che li muove è il dolore. La libertà, il desiderio, le relazioni, tutto passa attraverso il dolore.
VM Non credo che l’unica cosa che li muova sia il dolore, ma credo che tutto, sì, ci passi attraverso. Se cresci pensando che soffrire sia la tua unica attestazione di presenza, allora la sofferenza la ricerchi per convincerti che esisti. Allo stesso tempo forse il desiderio di sparire, di cui parlavi prima, risponde al bisogno di far cessare questa forma distorta di esistenza, far morire quell’autolesionismo dello stare al mondo per crearne uno nuovo, che ti sei inventato, goffamente magari, improvvisando e facendoti ridere un po’ dietro. Quello che prova a creare alla fine Gorane, anche se il richiamo delle radici si rivela più forte. Radici, o forse destino, a patto che esista una differenza.
IBIB Nel libro un altro tema molto forte è la costruzione dell’identità (tema presente anche nel racconto Organico). Gorane prova a costruirla rinnegando il mondo scelto dai suoi genitori, Jokin vi aderisce senza convinzione. Gorane ha questa capacità di restare nel qui e ora. Jokin sembra non essere mai da nessuna parte. Gorane allena il suo corpo all’invisibilità. Jokin è in balia delle sue ossessioni. Gorane è immobile. Gorane vive nella penombra ma esiste grazie alla luce. Jokin è acqua, il suo elemento è la fuga. Le loro identità sono diverse e complementari. I loro ruoli però si trasformano nel corso della storia.
VM Si trasformano perché cominciano a conoscersi. Escono dalla loro dinamica fraterna e le loro identità esplodono perché finalmente scelgono di esplorarle. È un po’ quello che è successo a me, mentre scrivevo questo libro. È il desiderio di spiazzarsi continuamente, costruire tante case, tanti elefanti dentro un solo grande elefante. La mia scrittura mi sa che è fatta così.
IBIB In “Un giorno dopo l’altro” e ne “La mischia” ti servi degli oggetti per raccontare le emozioni dei tuoi protagonisti. E scegli per questo racconto di concentrarti sul deteriorarsi.
VM “Un giorno dopo l’altro” è collegato a “La mischia” anche se è un po’ difficile accorgersene (ma ti do un indizio: Ahmad). Volevo raccontare il deteriorarsi di una storia d’amore, ma farlo senza sentimenti, senza interiorità, spostando il furto della felicità al di fuori, sugli oggetti. Niente di originale. La loro casa, la loro relazione, si trasforma in un deserto; guardano fuori, si guardano tra loro, cercano di capire chi è stato. Si illudono che trovare il colpevole serva a qualcosa.
IBIB Non saprei dirti bene perché ma sembra che ci sia un mondo invisibile ancorato a quello reale ne “La mischia” e che Gorane sia il tramite per averne accesso.
VM È vero, Gorane ha una funzione medianica, attraversa tanti universi, è colei che mette in contatto. Questo avviene in varie forme, dalla più eclatante – la connessione fra i vivi e i morti – alle più quotidiane – tossici, donne delle pulizie, terroristi, scrittori – fino alla più importante, la connessione tra lei e Jokin: è colei che mescola i mondi e che si prende poi la briga di costruire le barriere, ripulire i confini che per prima ha sporcato. Nel suo isterismo igienista io vedo proprio questo: un modo per ricucire alla buona una ferita che lei ha inflitto a sé stessa e al mondo; un modo per ripulire tutto il caos che lei per prima ha innescato e di cui poi ha paura. Come se la sua mania fosse una madre che le insegna come si fa a proteggersi, solo che è una mamma che arriva sempre in ritardo, quando ormai lei nella mischia lei ci si è buttata.
IBIB Aver scritto racconti per riviste letterarie è stata utile come esperienza durante il romanzo? In generale credi sia importante per un giovane autore l’esperienza delle riviste?
VM Più che utile, scrivere quei racconti è stato bello. Io ho conosciuto virtualmente tanti compagni di viaggio con cui mi sembra di aver molto da dire, anche se alla fine ci diciamo poco e niente. L’utilità sta nel confronto, l’aspetto più difficile della scrittura, per me. È difficile, soprattutto se sei una testa dura e se hai un’idea molto forte, tua, di letteratura, se pubblicare non è la cosa più importante, se ti rifiuti di assecondare i tempi, perché devi capire dove e quanto cedere, devi capire chi hai davanti, se ti puoi fidare (io non fido quasi mai), quanto sia il tuo ego a parlare e quanto la bellezza che invece vuoi difendere, devi capire un sacco di cose. Per me è stato molto importante pubblicare sulle riviste perché ho cominciato ad avere a che fare con le mie rigidità – sono tantissime –, ho cominciato a osservare come reagivo alle critiche e mi sono accorta che, nonostante una prima reazione fumantina, reagivo bene. Ho pensato: in tutti gli altri campi della vita fai schifo, sembri una dodicenne, qui invece sei una persona matura. Forse un po’ di talento ce l’hai.
IBIB Secondo te dove si collocano le riviste e i collettivi di scrittura nel panorama culturale italiano?
VM Io non ho capito niente del panorama italiano. O spero di aver capito male. So solo che se in mezzo ci sono anche loro si respira un po’ meglio, si possono trovare un paio di fratelli, e alla fine si va tutti a bere.
Grazie Valentina!