Nome Luca
Cognome Giommoni
Nato a Cortona nel 1985
Riviste Pastrengo, Malgrado le mosche, Grado Zero, L’Indiscreto, La Nuova Carne, Narrandom, Il mondo o niente, Clean rivista, Spazinclusi, L’Irrequieto, Effe- Periodico di Altre Narratività
Libri Il rosso e il blu. Una comune favola di migrazione (effequ, 2020)
Segni letterari storia corale, personaggi e situazioni ben tratteggiate, linguaggio semplice, la gabbia della realtà, l’evasione della favola, la fantasia messa al servizio di storie altrimenti brutali, il racconto delle fragilità, le storture della burocrazia e del sistema italiano, l’importanza dei legami, epopea di eroi moderni
Citazione
Se Makamba fosse un foglio, Manfredi sarebbe le righe che accompagnano le parole. Se Makamba fosse un foglio a righe, Santiago sarebbe le frasi fuori dai bordi. Se Makamba fosse le frasi fuori dai bordi, Benedict sarebbe la storia di un rapimento alieno. Se Makamba fosse la storia di un rapimento alieno, Valerio sarebbe i puntini sulle i, le virgole tra le parole, le ha davanti al verbo avere. Se Makamba fosse i puntini sulle i, le virgole tra le parole, le h davanti al verbo avere, Billy Idol sarebbe la voce che vuole pronunciarli. Se Makamba fosse voce, Malang sarebbe un racconto triste. Se Makamba fosse un racconto triste, Fagadan sarebbe la gomma che cancella la tristezza.
IBiB Come nasce l’idea de “Il rosso e il blu” e come è avvenuto l’incontro con la casa editrice effequ?
LG L’idea del libro nasce dalla la mia esperienza come insegnante di italiano e operatore in un centro d’accoglienza e da un’immagine che mi girava in testa da un po’: quella di una persona che equilibra il mondo attraverso le manopole dei rubinetti.
Volevo dare voce al campionario di umanità che avevo avuto la fortuna di conoscere e mi incuriosiva che fosse proprio un migrante, una figura simbolo di una realtà molto spesso divisoria, a portare avanti la missione di rendere gli esseri umani un po’ più vicini.
Con Silvia e Francesco (effequ) ci seguivamo a vicenda: io ero un fan delle loro uscite editoriali, e loro leggevano i racconti che via via pubblicavo sulle varie riviste cartacee e online. Abbiamo avuto modo di conoscersi meglio durante eventi come Firenze Rivista o qualche presentazione, e quando gli ho parlato dell’idea del libro si sono mostrati subito interessati. Ma il vero colpo di fulmine, l’amore da cui non si torna indietro, è nato grazie a una cena a base di cozze e ‘nduja.
IBiB Perché una favola?
LG Partendo dalla mia esperienza volevo raccontare la realtà dei migranti in Italia e del sistema di accoglienza in un tono diverso da quello cui siamo stati abituati dalla politica e dai media: meno violento, meno lontano, al netto di facili stereotipi e facile retorica, e il tono delicato, fantasioso, sospeso, della favola mi è sembrato il più adeguato per offrire una prospettiva diversa, più colorata, su questo spaccato contemporaneo.
Inoltre, la favola mi ha aiutato a esorcizzare e a far metabolizzare, magari con una risata o con un punto di vista differente, tutta una serie di tristezze raccontate in alcuni passaggi del libro, così da avvicinare certe realtà anche a chi non le conosce e ne è lontano.
IBiB Per questa domanda prendo spunto dal tuo racconto “Quattro semplici oggetti” in cui un uomo racconta attraverso quattro oggetti la sua defunta moglie ad un prete che si appresta a celebrarne i funerali. Quattro oggetti per raccontare “Il rosso e il blu”.
LG Baro subito e premetto che conterò la coppia di pomelli dei rubinetti come un unico oggetto. Quindi i quattro oggetti per Il rosso e il blu sono: manopole dell’acqua calda e dell’acqua fredda, una navicella aliena, una gomma per cancellare e un barattolo di vetro pieno di mare.
IBiB “Il rosso e il blu” ci racconta le vicende degli ospiti del Centro di Accoglienza Straordinaria Arcobaleno. Sia i ragazzi ospitati che gli operatori sono in balia delle storture del sistema italiano. La burocrazia che ti costringe a fare file interminabili con pile di carte da compilare. La precarietà e la difficoltà del lavoro. Una società di opportunità negate in che futuro può sperare?
LG Se da una parte gli ospiti del centro sono costretti a crearsi dei lieto fine dove non ci sono, dall’altra gli operatori cercano di combattere, ognuno a suo modo, i meccanismi di una burocrazia che pure loro faticano a capire, la scarsità delle risorse, un sistema non sempre accogliente e il ritrovarsi a essere un punto di riferimento per delle persone a cui è difficile far arrivare anche un documento con il nome corretto.
Un personaggio del libro a un certo punto dice che le favole servono soltanto a sperare che tutto possa andar bene quando tutto va male, io invece spero che le storie risveglino la nostra curiosità, che ci spingano in maniera gentile verso una maggiore solidarietà e attenzione per la realtà dell’altro, che facciano tornare a interrogarsi prima di dare risposte inamovibili. Non ci sarebbe nessun rischio, al limite ci si potrebbe trovare a fare una passeggiata, ad arrabbiarsi su una partita di calcio, a ridere su un’incomprensione, a scherzare durante un pranzo, proprio come capita con un amico o con un parente.
IBiB Una delle cose che più mi ha colpito leggendoti (non mi riferisco solo al libro ma anche ai racconti come “Mia mamma litiga con il navigatore”, “Rubare addii che non sono per noi”, “L’unica cosa da fare”) è la capacità di raccontare le fragilità e la solitudine. Narrare di personaggi che hanno dei pesi che li spingono giù, delle situazioni complicate da vivere che “rispondono alla vita con leggerezza di piuma” (per citare Vasco, uno dei personaggi più affascinanti del romanzo).
LG Ho visto mia nonna rispondere a ogni sorta di avversità che la vita gli ha tirato giù con un’umanità disarmante e ho ritrovato quella stessa umanità disarmante lavorando al centro d’accoglienza. Pensare che al mondo esistono persone che vivono l’assurdità delle cose armati solo di una dose di candido ottimismo e di bonaria volontà mi tranquillizza. Pensare che là fuori c’è gente del genere mi fa sentire più al sicuro, per questo ne scrivo, e molti dei miei personaggi, sia del libro che di alcuni miei racconti, sono tutti impegnati in imprese all’apparenza folli e inutili ma che possono dare un senso a esistenze intere.
Per quanto riguarda Vasco, per un periodo ne ho conosciuto uno. Quando non l’ho più visto, per non privarmi della sua compagnia, ne ho cominciato a scrivere, pensando a tutte le cose che avrebbe potuto dirmi se la nostra conoscenza fosse durata un po’ di più, ed è uscito fuori Vasco, che in futuro mi piacerebbe far diventare un personaggio ricorrente.
IBiB Cosa c’è nel romanzo delle tue esperienze con le riviste letterarie?
LG Grazie alle riviste letterarie ho avuto la possibilità di confrontarmi con svariati giri di editing, con vincoli di battute proibitivi, con punti di vista più sottili, che mi hanno aiutato a trasferire sulla pagina, sottoforma di aneddoti, racconti, sottostorie, tutta la coralità di persone, luoghi, situazioni, tutta l’umanità, di cui è fatta la realtà dell’accoglienza.
In più uno dei personaggi del libro, Billy Idol, è stato sviluppato sulla base di un mio racconto che ha fatto parte di un’antologia curata dalla rivista con.tempo.
IBiB Dove si collocano le riviste e i collettivi di scrittura nel panorama culturale italiano?
LG Purtroppo non hanno la visibilità che meriterebbero e che dovrebbero avere, anche se negli ultimi anni, grazie all’impegno e alla sana follia di tante persone, sono riuscite a crearsi un loro spazio giustamente riconosciuto, non privo di un certo fermento.
Senza dubbio sono un riparo per molte scrittrici e molti scrittori, un territorio dove poter confrontarsi al di fuori delle proprie convinzioni e percezioni, dove migliorare e sentirsi meno soli. Molto spesso possono aprire ambite opportunità, però non devono essere viste solo come un punto di passaggio propedeutico per arrivare ad altro, ma come un mondo da custodire e da costruire ancora di più, con nuove voci, originalità e storie che hanno bisogno di essere raccontate e di essere lette.
IBiB Ne “il rosso e il blu” le storie sono un appiglio per molti dei protagonisti. Le storie che si tramandano tra gli immigrati appena sbarcati a Lampedusa su cosa è meglio dire o fare. La storia degli alieni di Benedict. Le storie che per Makamba tracciano la via della sua educazione. Siamo fatti delle storie che ascoltiamo/leggiamo?
LG Vasco risponderebbe con un “senza dubbio di sorte”. Ogni cosa che scegliamo di fare o di non fare, sia le bugie che i silenzi, sono frutto di narrazioni che abbiamo accolto.
Le storie ci aprono le infinite possibilità della fantasia e ora più che mai abbiamo bisogno di filtrare la realtà con la fantasia, tornando a prestare attenzione alla semplicità, alla narrazione delle piccole cose.
Nel libro ho voluto restituire la coralità di storie che compongono il mondo dell’accoglienza. Il chiasso di sottofondo, voci che si sovrappongono, la confusione in cui si ritrova inconsapevolmente chi è appena sbarcato e ha con sé solo le storie che gli sono giunte all’orecchio da chi è approdato prima di lui, o che sente dire dal connazionale due numeri avanti allo sportello in un qualsiasi ufficio, e ogni consiglio, anche il più sconclusionato, viene preso come una benedizione. Ci sono poi le storie che devono essere costruite per trovare un’alternativa più accettabile alla realtà, come fanno Benedict e Fagadan, quasi arrivando a negare l’esistenza del male. E ci sono le storie in cui credere veramente, come quella di Makamba, con la visione del mondo che gli è stata affidata, con una storia a cui crede talmente tanto da arrivare a dedicarle la vita e, come diceva Umberto Eco, quando si dedica la vita a una storia, quella storia non è più una storia ma un’utopia. E le utopie non è detto che non si realizzino prima o poi.
Grazie Luca!