Presentazione libro Paolo Pergolari

Imperfette armonie ovvero intervista con l’autore Paolo Pergolari

Salve a tutti!
Oggi sono qui in una veste un po’ particolare. Venerdì, 18 ottobre, alle ore 17.00, lo scrittore Paolo Pergolari presenterà il suo ultimo romanzo, Imperfette Armonie (Francesco Tozzuolo Editore, 2018). All’evento, organizzato dalla Libreria-Caffetteria Libri Parlanti (http://www.libriparlanti.org/), a Castiglione del Lago, interverranno, insieme all’autore, Maria Grazia Virgilio e Monica Fanicchi, proprietarie di Libri Parlanti, il critico d’arte Andrea Baffoni, nonché io nell’ – appunto – insolito ruolo di conduttrice. Per l’occasione ho proposto questa intervista a Paolo, che ha accettato di partecipare, cosa di cui lo ringrazio molto. Vi parlerò, quindi, dell’autore, poco conosciuto, ma che può vantare una lunga esperienza nella narrativa, con riconoscimenti in diversi concorsi letterari.
Il 20 ottobre è previsto un secondo appuntamento, in cui racconterò, per chi fosse interessato, brevemente l’evento e parlerò più approfonditamente del libro, “Imperfette Armonie” che ha di recente partecipato a FulgineaMente (https://www.facebook.com/www.progettolettura.it/ ).
Partiamo con le domande.

F.: Paolo, benvenuto su Spazinclusi! Sei autore di alcuni romanzi e raccolte di racconti, inoltre, come vincitore di premi letterari a livello nazionale, sei presente in riviste e antologie pubblicate da diverse case editrici, ma sei anche pittore, hai fatto teatro, insomma sei un artista eclettico e attivo; tuttavia possiamo dire che la forma di espressione a te più congeniale sia la scrittura, perciò partirei con una domanda scontata, forse, ma a mio avviso importante per conoscere un autore: perché scrivi? Quando hai cominciato a farlo e cosa ti ha spinto?

P.P.: Innanzitutto, Francesca, ti ringrazio per l’invito. Cercherò di rispondere il più brevemente possibile alle domande tutt’altro che scontate. Dal mio punto di vista, e penso di non dire nulla di nuovo, non si può parlare di scrittura, di narrativa e di libri, senza parlare della lettura. Prima di essere una persona che scrive, sono una persona che legge e ritengo, anche, che non si possa parlare di scrittura se non mettendo accanto a questo sostantivo il concetto di “lettura”. Se qualcuno mi chiede “perché scrivi?”, io contrappongo e ribalto la domanda in “perché leggi?”, “abbiamo bisogno di leggere?”, ”il mondo ha bisogno di lettori?” Qualsiasi risposta sul perché si legge diventa accettabile: “perché soffro d’insonnia, per ammazzare il tempo, perché al bagno vado più volentieri, per vedere se il libro è uguale al film che ho visto”, e così via. Io leggo per imparare a scrivere, e leggo sempre con la matita in mano, annoto periodi, concetti o passaggi particolarmente accattivanti dal punto di vista stilistico. Scrivo per la necessità di tirar fuori qualcosa che ho dentro e di consegnarlo agli altri. In un certo senso scrivere è un po’ come mettere a nudo la propria anima. Per quanto riguarda il quando ho cominciato a scrivere, sono convinto che arrivi un momento nella vita di ciascuna persona in cui ci si sofferma un attimo a riflettere e questa pausa può essere dovuta a diverse ragioni, ad esempio a una stanchezza sul lavoro, non del lavoro, oppure alla necessità di riprendere fiato nella monotonia della vita quotidiana, o rispetto a vicende che ti accadono contemporaneamente e in sovrapposizione l’una sull’altra. Ebbene quando questo è accaduto a me, mi sono reso conto che fino ad allora avevo sempre tenuto una penna in mano. Cioè la penna era ed è tuttora il mio strumento di lavoro, prima nella scuola e nell’università e poi come dipendente pubblico. E da quel momento ho voluto scrivere qualcosa di più mio, qualcosa che mi appartenesse, così ho cominciato a “raccontare”.

F.: Bene, allora, come autore, ti chiedo di “raccontare” quali sono, se ci sono, le difficoltà che hai incontrato nella scrittura: nella tua carriera, ti sei mai trovato a divorziare dallo scrivere? Se sì, cosa ti ha spinto a tornare sui tuoi passi?

P.P.: No, con la scrittura non ho trovato mai particolari problemi, con l’editoria, invece, di difficoltà ce ne sono state eccome! Anche perché viviamo in una società in cui più che di “editoria” bisognerebbe parlare di “stamperia”. Oggi è facile pubblicare, basta pagare, mentre è difficile trovare qualcuno pronto a credere nel tuo lavoro e a collaborare per porlo all’attenzione degli altri. Ritengo che nella maggior parte delle case editrici manchi questo settore nell’ambito del proprio organigramma o della propria organizzazione settoriale. La questione meriterebbe più tempo e maggiore spazio per approfondirla, ma ritornando a quello che mi hai chiesto, devo dire che a un certo punto, e avevo già pubblicato tre romanzi, mi sono fermato per riflettere su un punto che mi sembrava importante e mi sono chiesto se quello che stavo scrivendo avesse o meno una sua validità. In assenza di un supporto editoriale, sentivo di essere come un attore sul palcoscenico di un teatro senza pubblico. Mi mancava il confronto, o forse sarebbe meglio dire la valutazione del mio lavoro. Perciò ho continuato a scrivere ma tutto ciò che scrivevo lo mettevo nel cassetto; nel frattempo sono andato alla ricerca di una risposta sulla “qualità delle mie parole”. E per questo, per alcuni anni, mi sono dedicato a partecipare ai concorsi letterari. In Italia di concorsi letterari ce ne sono a bizzeffe, naturalmente partecipavo a quelli dove era garantita una reale e onesta competizione. I lusinghieri risultati ottenuti sono stati la risposta alla mia necessità di confronto e giudizio, e così ho ripreso a rivolgermi di nuovo e direttamente agli editori. Tra l’altro la mia ultima raccolta di racconti “Riflessi” è frutto di un premio letterario. Certo, mi sto dilungando troppo ma, cara Francesca, non dare mai a chi scrive la possibilità della parola, chi scrive ha tantissimi difetti e una sola qualità: è narcisista! Pensa sempre che la sua vita sia la più interessante del mondo!

F.: Il narcisismo è molto umano, direi! XD Ma passiamo ora a una domanda un “po’ personale”, quali sono le/i tue/tuoi amanti letterari? A quali autrici/autori, se ci sono, ti ispiri quando scrivi?

P.P.: Sono un lettore tossicodipendente, vivo in una casa circondato, accerchiato dai libri, non li ho letti tutti ma conservo il piacere di possederli, sono avaro e pure geloso e non presto i miei libri per la paura di perderli, sono tra quelli che senza libri è come se non riuscisse a risolvere certe funzioni corporali, senza possibilità di lettura dovrei andare dal medico per una qualche prescrizione. Be’, un’immagine forse poco carina ma credo che renda bene l’idea, perché per me leggere è come un bisogno corporale. Un giorno mi hanno chiesto quali libri avrei portato con me su un’isola deserta. Ho risposto: “primo un libro con le pagine bianche e poi andrei in una bancarella di libri vecchi e lì sceglierei la mia compagnia”. Perché a me piace rovistare tra i libri randagi e portarmeli a casa come se fossero cani abbandonati. Però non sono stato sempre così, ho amato gli autori russi e non si può avere la pretesa di crescere senza aver conosciuto quel mascalzone di Dostoevskij e gli altri classici e poi i diversi lavori dei Premi Nobel e così via.

F.: “Libri randagi” rende l’idea! E ora che ci siamo conosciuti, raccontaci invece la tua ultima opera, Imperfette Armonie. La storia è molto avvincente e particolare, come ti è venuta l’idea della mirabolante avventura di Cucciolo? Come ti è venuta l’idea di Cucciolo?

P.P.: Chi scrive si appropria della vita degli altri e la adatta alle proprie esigenze. Il protagonista del mio ultimo romanzo è “un piccolo come un piccolo” cioè una persona colpita da una menomazione fisica durante l’infanzia e questa menomazione lo porta ad allontanarsi dalla vita quotidiana, anzi, addirittura a nascondersi poiché ritiene che con la sua menomazione possa offendere gli occhi della gente in qualsiasi punto della città. Finché il protagonista prenderà una decisione importante, che è quella di trasferirsi in un Circo dove assumerà il nome d’arte di Cucciolo ed eserciterà il mestiere di clown. E il Circo, cioè gli artisti, gli animali, il modo di concepire l’esistenza, insomma quel mondo a parte, permetterà al protagonista di vivere la vita anziché di subirla. E questo significherà provare tutte le contraddizioni che distinguono la vita stessa, cioè la gioia, la delusione, l’amore, la tristezza, la solitudine. Questa alquanto breve sinossi per dire che il protagonista del romanzo è una persona realmente vissuta: era mio zio e da circa due anni non è più tra noi. Per un periodo ho vissuto con lui nel Circo e dai suoi racconti, insieme alla mia fantasia, è nato “Imperfette armonie”. Ritorno quindi a quanto detto all’inizio: chi scrive si appropria della vita degli altri e la adatta alle proprie esigenze.

F.: Come autore, trovo che tu abbia uno stile riconoscibile, il testo sembra a volte un monologo teatrale, una riflessione ininterrotta del tuo/dei tuoi protagonista/i, soprattutto in quei progetti in cui la narrazione “avviene” in prima persona perciò pari trasformare il lettore in ascoltatore del racconto. Quanto è importante questa lingua scelta? È nata con il testo o l’avevi già progettata e poi l’opera si è inserita nel progetto?

P.P.: Sì, hai ragione, cerco di scrivere nella maniera più colloquiale possibile, come se stessi parlando con il lettore, come se fossimo impegnati a fare quattro chiacchiere per strada, durante una passeggiata; questo per mia scelta, per rendere il protagonista o i protagonisti vivi e credibili, anche se sono coinvolti in situazioni assurde e, a volte, surreali.

F.: E lo sono, vivi e credibili, direi. Infatti, sia in Massaccesi Luigi che in Imperfette Armonie, i protagonisti – come ci ha svelato tu nel primo caso e come svelo ora io nel secondo! XD – sono reali, presi in prestito alla vita quotidiana e trasformati in personaggi: però comunicano la loro realtà, risultando, oserei dire, originali. Sembra quasi che tu voglia suggerirci che non c’è bisogno di inventarsi l’originalità, la vita lo è già abbastanza da sé, basta saperla osservare: in fondo “…il mondo è come un grande Circo dove ognuno si è scelto la sua parte” (Imperfette Armonie) e allo scrittore basta raccontare questo. È ardita come riflessione o contiene un fondo di verità?

P.P: Noto con piacere, Francesca, che hai colto alcuni aspetti della mia scrittura sui quali cerco sempre di impegnarmi. Quando scrivo tengo presente un aspetto per me importante, quello di scrivere “una bella storia con bellezza di parole”. Bellezza di parole significa un buono stile e di questo abbiamo già parlato, e bella storia significa originalità. Ritengo che le mie storie abbiano una loro originalità. In “Imperfette armonie” particolare è il protagonista, questo “piccolo come un piccolo” che cerca il suo spazio esistenziale come qualsiasi altra persona, e altrettanto originale è l’ambientazione del romanzo: il Circo, ma il Circo visto dall’interno, da dietro le quinte. E credo che lo stesso si possa dire per l’altro recente romanzo: “Massaccesi Luigi e altri simili”, in cui il protagonista è un analfabeta, un contadino della campagna umbra che, da autodidatta, alimenta la necessità di imparare a scrivere e poi si cimenta con la sua stessa scrittura raccontando la propria vita. Dici bene Francesca, a volte me li vedo i miei personaggi come se stessi affacciato in alto, su una finestra e loro a muoversi su una piazza, in quel momento mi sembra di essere più che uno scrittore, un trascrittore di ciò che vedo.

F.: Bene, Paolo, siamo arrivati alla fine, ma, prima di salutarci, vorrei farti un’ultima domanda: sei pronto per la presentazione?

P.P.: Sono pronto? Ci provo, in fondo la presentazione è una prova, da una parte una persona che lavora con le parole e le storie e dall’altra chi lo sa? L’importante è avere un terreno d’intesa, e l’intesa potrebbe essere sui libri che ho scritto, oppure un argomento di attualità culturale. Spero che non si parli di editoria o dello stato della cultura di cui fanno parte tanto gli autori che i lettori, anche se con ruoli differenti, ma non vorrei bisticciare con nessuno. L’importante è riconoscere che le parole, le frasi, le storie ci comunicano qualcosa che prima non sapevamo, e ci aiutano a riconoscere in noi il bisogno di bellezza, o di verità o di divertimento.

F.: Grazie Paolo per essere stato con noi. In bocca al lupo per la presentazione e a presto!

P.P.: Grazie a te, Francesca, per l’opportunità che mi hai dato: è stato un vero piacere parlare con te.

Il secondo appuntamento con Paolo Pergolari e, soprattutto, con “Imperfette Armonie” sarà pubblicato sempre su Spazinclusi il 20 ottobre!
Intanto, venerdì, se siete in zona, vi aspettiamo alla presentazione!

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Su Paolo.

Nato a Foligno, inizia la sua attività come ricercatore universitario a Perugia, dedicandosi, nel frattempo, al teatro con il gruppo “New World” e coltivando la passione per la pittura. Laureato in biologia, ha diretto un settore tecnico presso un ente pubblico.
Ha pubblicato i romanzi: Le dolci viole del pensiero (1990), I prigionieri del Palazzo (1992), Circostanze di famiglia (1994), Massaccesi Luigi e altri simili (2017), Imperfette Armonie (2018); e le raccolte di racconti: L’assoluto imbarazzante (2004) e Riflessi (2014).
Vincitore di diversi concorsi letterari a livello nazionale, è presente in riviste e antologie.

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