Poster film Our Souls at night

Dal libro al film: Le nostre anime di notte

Quando ho saputo che un libro tanto discusso e tanto apprezzato come “Le nostre anime di notte” di Kent Haruf (NN Editore) sarebbe diventato un film ho temuto. Difficilmente mi piacciono i film tratti dai libri, su questo sono molto “integralista”: se ho amato un libro odio trovare anche la più piccola distorsione, il minimo distacco dalla trama originaria e ogni altra deviazione dal testo scritto dall’autore.

Quando poi ho visto che ci sarebbero stati Robert Redford e Jane Fonda mi si è accesa una speranza, che si è fatta sempre più forte quando su Twitter da NN Editore mi è stato segnalato che le recensioni a seguito dell’anteprima al Festival del Cinema di Venezia erano entusiastiche. Malgrado ciò ho atteso stasera – primo giorno in cui il film è disponibile su Netflix –  con un bel po’ di paura di essere delusa.

Sono bastati i primi cinque minuti del film per capire che l’atmosfera tratteggiata da Haruf era rimasta intatta. La stessa delicatezza che emerge dalle sue parole è stata trasferita al film, la stessa tenerezza che aleggia in ogni scena, in ogni sguardo e gesto dei protagonisti, in tutte le parole non dette, è stata ricreata nel film.

Quando lessi il libro mi colpì il modo in cui Haruf era stato capace di descrivere le personalità dei protagonisti, le loro motivazioni e il loro mondo interiore, senza mai accennare esplicitamente alle emozioni, bensì facendole emergere il tutta la loro delicata legittima esistenza dalle azioni e dai dialoghi, ma ancora più da ciò che non veniva mai detto. Questa mi è sembrata la vera forza del libro ed è esattamente la potenza del film, grazie anche e soprattutto a un’interpretazione a dir poco magistrale di Robert Redford e Jane Fonda, che riescono a rendere perfettamente le emozioni uscite dalla penna di Haruf, declinandole con ogni espressione, ogni ruga, ogni sguardo.

I cambiamenti rispetto al libro ci sono, più o meno piccoli, ma in questo caso non credo tolgano nulla alla storia, né all’opera dell’autore, riuscendo sopportabili persino a un’integralista come me. Le deviazioni “dall’originale” non intaccano in alcun modo l’atmosfera della storia, né turbano gli equilibri della trama, seppur forse smorzano uno dei filoni principali del libro, ovvero il tabù della terza età e del suo diritto di contenre ancora nuove e inattese felicità. Ma su questo devo ancora riflettere, scrivo a caldo e sotto la spinta del sollievo e dell’entusiasmo, per cui mi riservo di ripensarci.

Di una cosa però sono certa: vi consiglio la visione del film e la lettura del libro, nell’ordine che preferite perché sono l’uno l’amplificazione dell’altro, e il fatto che ci siano due Holt, con quattro anime ad incontrarsi di notte, due su carta e due su pellicola, non fa che prolungare la dolce malinconia di non ritrovare più un’altra Holt da leggere.

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