Considera l'aragosta, David Foster Wallace

Quando l’aragosta esce dalla pentola

ATTENZIONE. Questa non è una recensione, ma solo la storia di un incontro.

Accade questo. Un mio collega di Spazinclusi, nonché amico, Marco Simeoni, mi dice: «Ti presenterei Wallace, se tu fossi disposta a incontrarlo… a te piace Kafka e, sai, lui ha scritto un saggio proprio su Franz … sarei curioso di sapere cosa ne pensi.»
Rispondo io: «Introducimi Wallace, lo conosco ben volentieri!»
Così avviene il mio primo, e, a oggi, unico, ma non per molto, incontro con David Foster Wallace. Lui si presenta con questa “mise” sgargiante nei colori e apparentemente informale di “Considera l’aragosta e altri saggi”. E subito mi colpisce e incuriosisce. In onestà, riuscite a immaginare qualcosa di più efficace di un titolo come “Considera l’aragosta”? Mancherò di fantasia, ma no, io non riesco. È il verbo, quel “considera”, che, nella sua semplicità, mi suona sorprendentemente immediato. Insomma, l’inizio, ma proprio l’inizio vero, è più che convincente. Mi convince a tal punto che invito David a unirsi a me lungo il viaggio in Islanda, per approfondire la conoscenza.
Ora, siamo già un bel gruppo in partenza: Dante, nella sua veste da “trattatista” del “De vulgari eloquentia”; Mary Shelley, nell’abito classico di una rilettura in lingua di quel gioiello che è “Frankenstein”; Dino Campana vestito della seta e delle immagini dei “Canti Orfici”; perciò mi dico che uno in più non guasta di certo, anzi potrebbe essere la variazione che accorda il tutto.
Parto alla volta dell’Islanda, pronta ad affrontare questa grande avventura, insieme a vecchi compagni di viaggio e alla nuova conoscenza. E presto scopro che mai scelta fu più azzeccata, perché Wallace non solo si dimostra il miglior compagno di viaggio possibile, ma diviene anche l’unico del gruppo che frequento, durante tutta la permanenza sull’isola “vichinga”.
Tra le ondeggianti strade islandesi, tra distese sterminate di violacei e sussurranti campi di lupini, tra le pecore rilassate, che dormono ignare e libere ai bordi di vie asfaltate ma senza guard rail, in giorni infiniti, lontani da notte e tempo, costeggiando un mare scontroso, fiero di non essere lì per te, scortati da vento e pioggia e salutati da raro sole, la conversazione con Wallace diviene via via più coinvolgente e intensa.
E scopro due cose fondamentali di me:
1) Il cibo è molto importante per il mio umore, ma posso adattarmi a mangiare per giorni di fila aringa affumicata e pane nero;
2) È tutta la vita che aspetto uno come David e, se non fossi tipo da “unici amori” (che detto così è una contraddizione in termini! XD), di lui mi potrei persino innamorare! XD
È profondamente intelligente, piacevolmente colto, infinitamente sensibile (ma è la mia opinione e vale solo per me! :)). È, inoltre, un attento osservatore, ironico, consapevole; offre un quantitativo sorprendente di spunti di riflessione, molte domande, un sacco di dubbi, poche risposte e ha uno stile garbato.
Dante non mi rivolge la parola da quasi un mese, per averlo ignorato lungo tutto il tragitto; Mary sa essere paziente all’occorrenza; Dino non sembra nemmeno essersi accorto del mio non leggerlo.
(Parliamoci chiaro: non che a Dante importi che sia io, proprio io, a non leggerlo, gli frega assai di me!, solo che lui è tipo da il-palcoscenico-è-tutto-per-me! XD)
Torno galvanizzata dal viaggio e, mentre procedo con la lettura dell’opera, faccio una ricerca su Wallace. Il primo impatto è visivo. La sensazione è che David sia un bambino vecchio, sembra persino giovane dalle foto, ma pare anche una persona che si porta addosso il fardello di intere epoche…
Guardandolo, mi sento quasi sfinita per lui… ecco, non so spiegarlo meglio di così.
Il secondo impatto è biografico e scopro, con mio grande dispiacere, che Wallace è morto suicida.
Sorvoliamo sulla mia capacità di non aver registrato informazione alcuna in merito a questo caso specifico: non so proprio come io abbia fatto ad arrivare fino a oggi ignorando completamente un autore come David e qualunque cosa lo riguardasse; è così e c’è ben poco da fare.
Nella mia infinita ignoranza e immensa ingenuità, mi immaginavo di trovare qualche contatto di Wallace e mi vedevo a mandargli una mail, per fargli sapere quanto avessi apprezzato il suo lavoro.
Non perché ritenessi potesse avere un qualche valore per lui, ma perché ci tenevo, era importante per me.
Il dialogo, iniziato in Islanda (perché io con il suo libro ci parlo veramente! XD) e continuato in Italia, quella conversazione piacevole, brillante, che tanto mi ha coinvolta, finirà tra le righe delle sue opere, senza una possibilità di continuazione, anche se solo immaginata, oltre le pagine. E, sebbene io sia molto felice di esserci comunque arrivata a queste sue opere, ecco, ho come l’impressione di essermi persa qualcosa di importante.

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