racconti brevi

99 parole… sull’amicizia

Nato come prova per un concorso, con questi mini racconti mostro tre sfaccettature di una tematica ampia e dal valore così importante come l’amicizia. Se volete cimentarvi a dare una versione differente, aggiungete i vostre racconti a 99 parole nei commenti qui sotto.
Buone letture e buoni esercizi.

Ci sono

L’alba incombe sul popolo della notte. Per Sebastiano invece, il domani è ancora un miraggio. Lo capisco da come gesticola, da quanto parla. Tiene viso e sigaretta fuori dal finestrino. È fatto così: fuma, ma odia l’impronta della nicotina sui vestiti. Iniziò tardi a fumare. Prima arrivai io; poi sbocciarono gli ormoni e le crisi, in quel ritmo ciclico come le stagioni. Ci incontravamo da piccoli quando non c’erano smartphone, ma solo sassi tirati alle finestre. Ci vediamo ancora oggi che ci definiscono adulti.
Così, quando il telefono vibra trillando il suo invito, rispondo sorridendo: «Sì. Stasera ci sono.»

***

Ascolto

Luca era stato l’unico a non voltarsi al rimbombo della grancassa. Nel locale, odore di gioventù e luci stroboscopiche lo distraevano. La band, sul palco cromatico, svettava maestosa sui tavolini: fili invisibili animavano bocca e gesti del cantante, due chitarristi porgevano i fianchi alla platea flettendo le gambe in pose selvagge.
Per Luca tutto era silenzio.
Stringeva l’invito del batterista. L’invito di Andrea. Luca leggeva le labbra e immaginava le note.
Eppure al roteare delle bacchette e all’oscillare dei piatti in quella danza frenetica di braccia e ritmo gli si accapponò la pelle. Luca sentiva l’adrenalina. Lo sentiva felice.

***

Il dono

Alessio, rispetto a Gianluca, conquistò subito la ragazza al liceo. Alessio era alto, Alessio sapeva come guardarti. Da abile guascone irrideva gli insegnanti uscendone sempre indenne. Superò le avversità dell’adolescenza, tuffandosi nell’età adulta senza emettere neanche uno schizzo. Conseguì la laurea divertendosi a studiare libri di architettura e francese. Crescendo alcuni amici non ressero il confronto e lo abbandonarono alla sua felicità. Non conobbe mai termini come: mutuo, disoccupazione.
Alessio aveva tutto più di Gianluca. Anche la malattia.
Così Gianluca andò a donare l’unica cosa che servisse realmente ad Alessio per continuare il gioco della vita: il suo midollo.

***

Copertina tratta da Pixabay

8 pensieri su “99 parole… sull’amicizia

  1. Un bel gruppo di amici.

    Si conoscevano da sempre, si può dire che fossero cresciuti insieme.
    Qualcuno era più giovane, altri più vecchi, ma erano stati sempre vicini. C’era stato qualche momento difficile, ma i fratelli dei caduti si erano proposti come sostituti e immediatamente erano stati accettati, con affetto, da tutti.
    Con gli anni il gruppo era meno frequentato, qualcuno se ne era andato troppo presto, altri continuavano a lavorare anche se con molto meno impegno di prima.
    Rimasero in due: resistevano, abbracciati, ma venne infine il loro turno.
    Caddero insieme.
    «Adesso passiamo all’impianto di quelli nuovi. Avrà un sorriso bellissimo!»

    1. Ciao Teresa,

      Racconto molto intelligente che strappa un sorriso alla fine (i miei gruppi di amicizia si stringono ancora tutti saldamente, per fortuna).
      Mi è particolarmente piaciuto come tu abbia “giocato” con termini che richiamano la perdita.
      Inoltre io sono per “rendere umano” l’inanimato, e tu, con questo mini racconto, rientri appieno in questa tematica

      Grazie per aver condiviso

      Marco

  2. Padre e figlio

    Dove sei stato? – Con gli amici! – risponde scocciato
    Promossi o bocciati? – Non lo so. – dice mentre si toglie le sneakers fetide e sdrucite
    Ma Joe è nato in Italia? – Ma non lo so! Affari suoi.
    Cosa fate quando vi trovate? – Facciamo la sessione del gioco di ruolo. – risponde come se avesse chiesto una grossa banalità
    E quando non giocate di che parlate? – Di tante cose: quello che faremo nella prossima sessione. Della società che vorremmo. Di quel videogioco che uscirà in autunno. Beviamo qualche birra. – finalmente ha lo sguardo vivace
    Il padre pensa: i tempi sono proprio cambiati

    1. Ciao Giuseppe!

      Neanche a farlo apposta, hai descritto una possibile conversazione di qualche anno fa tra me e un adulto dubbioso sui giochi di ruolo! Bello il richiamo, appena accennato, alla problematica degli stranieri.
      I tempi sono proprio cambiati, ora si sta molto di più davanti a uno schermo.

      Grazie per aver pubblicato il tuo esercizio

      Marco

  3. T’ho aspettato a lungo, seduto in questo caffè. Ti cercavo negli sguardi di ogni persona ch’entrava, in ogni parola che pescavo dal brusio nelle mie orecchie.
    Eri sempre stato solo delle frasi sopra un monitor; nulla più che dei pixel neri su luce bianca. Non ho voluto vederti fino a quanto non ci saremmo incontrati, per sconvolgere ogni immagine della mia fantasia.
    Da molti anni occupavi un posto nella mia testa; avevi una voce tutta tua, così saggia e quieta.
    Quando sei entrato, ho sentito un brivido sulle guance. Eri tu, il migliore amico che non avevo mai incontrato.

  4. Il rosso della maglia che indossi ti accende lo sguardo mentre lo osservi scartare la fila di regali. Un metro scarso di energia, corre avanti e indietro, sbatte contro il tuo pallore e tu vacilli, ma reggi, e assecondi l’abbraccio, per scioglierlo quando decide che è il momento di ripartire. È il suo quarto compleanno e combatti anche per la sua felicità, riempiendogli le giornate estive di tuffi, palloncini e stupore quotidiano. Aghi, tubi e referti li lasci fuori dalla sua vista, chiusi nella scatola degli adulti. Ma io li vedo, mentre tifo per te, da lontano e sottovoce.

  5. Bravo, Marco! Mi piace la microfiction perché abitua ad asciugare il testo, togliendo il superfluo. È come la poesia, ma con una storia.

    Eravamo due amici al bar

    Chi trova un amico trova un tesoro. Tu l’hai trovato. Pago sempre io.
    Se non accettassi ti offenderesti.
    Accetti sempre, ma non ti proponi mai.
    Allora stavolta offro io. Mi presti dieci euro? Ho dimenticato a casa il portafoglio. Te li restituisco domani.
    Tieni, te li regalo. So che non li rivedrei mai.
    Mi offendi. Giuro sulla testa di…
    Assassino!
    Salderò il mio debito. Vediamoci qui domani, alle sette. Precise. Non mezz’ora dopo…
    C’era stato un’incidente.
    E la volta prima non trovavi le chiavi di casa. Hai sempre una scusa pronta.
    Ti giuro sulla testa di…
    Assassino!
    Spritz?
    Aperol.

  6. Con quelli vecchi, i vecchi amici, è più complicato. Non puoi scrollarti di dosso i loro ricordi, gli serve la tua faccia, non importa se sei invecchiato, anzi no: meglio, rende le cose più eccitanti. Gli serve la tua faccia perché sono i loro ricordi. Anche i tuoi, forse, ma tu vivi a un altro modo, in un altro mondo. Gli servi e tu vuoi bene a loro, quindi accetti i loro inviti. Del resto non capita che una volta ogni due, tre anni, poi cinque, dieci. Se non li conti non contano. Ma i tuoi amici, anche quelli per i quali eri solo uno dei tanti, beh: dopo tanti anni la tua faccia gli serve anche a loro, per ricordare sé stessi riflessi in te. E’ quanto accade se inizi ad invecchiare. Se… ma non è mica detto. Tu non cerchi la faccia di nessuno, i ricordi li tieni in tasca. Ti presti, è vero, vai agli incontri, ai raduni, alle pizze. Vai con la tua faccia piena dei loro ricordi.

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