I voli di mia madre

Quando mia madre volava per casa

Racconto di Francesca Addei

Mi ricordo di quando di notte mia madre volava per casa.

Me lo raccontava la mattina dopo a colazione, mentre assonnata inzuppavo i biscotti coi buchi nel caffè latte tiepido e lei ridendo diceva:
«Sai la sedia su cui sei seduta adesso? Stanotte, mentre volavo, l’ho spostata e l’ho messa in mezzo alla cucina per vedere se mi succede davvero, capisci? Ma stamattina, quando sono venuta a controllare, era di nuovo al suo posto».
Confusa, le rispondevo con una domanda:
«Ma quindi era un sogno?».
«Una specie», ribatteva a sua volta.

Mia madre è sempre stata brava a orbitare nella zona grigia nella quale non esistono i sì, i no e dove nulla è definito. Abile a galleggiare con sapienza nello spazio infinito delle possibilità tutte e molto più spesso nessuna.
La sua razionalità le suggeriva che quello strano fenomeno legato al sonno era meglio non combatterlo ma lasciarlo fare.
Molto più conveniente permettere che qualcosa, che avrebbe definito anima se non si fosse vergognata anche solo di pensarlo, si staccasse dal corpo e se ne andasse liberamente in giro, piuttosto che ingaggiare una faticosa e inutile lotta.
Meglio spostare sedie in cucina e uscire dalla finestra, senza però mai allontanarsi troppo, “al massimo arrivo fino alla via accanto”, come specificava varie volte.

Ovviamente al manifestarsi iniziale di questo fenomeno mia madre rimase scioccata e fu in quel momento che scelse con accuratezza il destinatario della sua confessione e gli raccontò tutto.

Era uno scienziato di mezza età, cliente della libreria nella quale lei lavorava da tanti anni. L’uomo, occhiali da vista sempre storti sul naso e aria distratta, dopo averla ascoltata, le disse soltanto: “Benvenuta nel club.”

Quando poi ebbero l’occasione di parlare di nuovo, durante uno di quei pomeriggi interminabili che odoravano di inchiostro e carta, lui le consigliò di non averne paura ma anzi di sfruttare l’ occasione per mettersi alla
prova, per vivere qualcosa che altrimenti non avrebbe mai vissuto. E lei, incredibilmente, lo fece.

Si sentiva uscire dal suo stesso corpo e alzarsi fino a rimanere sospesa. Non fu da subito un vero e proprio volo, inizialmente rimaneva paralizzata a letto e non riusciva a muoversi nonostante gli sforzi, fino a che poi non iniziò a percepirsi divisa in due, una parte addormentata e una sveglia e desiderosa di levarsi in aria.

Pian piano lasciò che questo avvenisse e iniziò a staccarsi dal corpo addormentato e poi come un bambino che gattona e prende il coraggio di alzarsi in piedi lei riuscì a osservarsi mentre dormiva nel letto e persino di guardare mio padre steso accanto a lei imprigionato in un sonno ignaro.
Poi iniziò a volare fino al corridoio, affacciandosi nella cameretta nella quale dormivamo io e mia sorella.
Cominciarono i giri per il quartiere addormentato, ma “solo fino alla piazza”, ci teneva a rassicurarci. Pur ammettendo la voglia di spingersi oltre, magari fino al quartiere confinante al nostro dove lavorava ogni giorno, non ne ebbe mai il coraggio.

A volte la mattina mi diceva di essere stanca perché aveva volato tutta la notte e me ne parlava sistemando casa mentre ci preparavamo per andare lei a lavoro e io a scuola.
La sera, prima di andare a dormire, diceva ridendo a mio padre, “se non mi vedi nel letto sto volando in giro, tranquillo”, ma entrambi sapevano benissimo che il suo corpo non si sarebbe mosso di lì.

Ricordo di essere stata un po’ gelosa di quel lato della vita di mia madre che non condivideva con nessuno e invidiosa del suo coraggio.

Sembrava sdoppiarsi anche nel raccontarlo: da un lato la sensazione forte di realtà che provava nei suoi voli notturni sembrava infastidirla, lei che era così razionale e concreta, mentre dall’altro ne era divertita.

Non so se questa particolarità ce l’avessero anche i suoi genitori, non ho fatto in tempo a chiederglielo, ma ho sempre creduto che le persone dell’età dei miei nonni, soprattutto con una vita non facile come è stata la loro, non avessero mai avuto il lusso di perdersi dietro a viaggi notturni fatti senza muoversi dal letto. Lì ci si riposava o si facevano figli, niente voli.

Questi fenomeni andarono avanti per un po’ presentandosi a periodi alterni, forse mia madre era a conoscenza di correlazioni con momenti particolarmente stressanti ma non ce ne ha mai parlato.

Una mattina però si svegliò particolarmente turbata e, quando le chiedemmo cosa avesse, ci raccontò che durante la notte le era capitato di nuovo di volare. Aveva spostato come sempre la sedia al centro della cucina, la costante che le permetteva di mantenere la rotta, ed era uscita dalla finestra.
Si era allontanata di poco quando notò che la luce dell’appartamento sopra al nostro accesa, allora si avvicinò e vide una macchia bianca dietro ai vetri.
Era la signora Lina, la nostra anziana vicina di casa ormai allettata da anni. Noi eravamo incuriositi dalla quantità di rumore che veniva da quella casa, tutte le notti sembrava ci fosse un trasloco in corso e l’improbabilità dell’evento ci faceva fare risate sarcastiche.
L’anziana donna era lì in piedi, a riempire col bianco della sua vestaglia la cornice della finestra, lei e mia madre si guardarono negli occhi senza sorridere.

Eravamo ancora a tavola a fare colazione, quando venne a bussare la badante della signora Lina. Ci disse con aria sconvolta che la donna era morta nella notte, l’aveva trovata lei poco prima, riversa a terra accanto alla finestra. Non riusciva proprio a spiegarsi come fosse arrivata fin lì.

Quella fu l’ultima volta che mia madre volò.

Copertina originale di Sara Calzolari

***

Francesca Addei nasce a Roma e vive a Berlino dal 2013.
Non ama descriversi, né parlare di sé in terza persona, questo le rende complicato scrivere un’autobiografia.
La sua psicologa ultimamente le ha fatto stilare una lista dei traumi e ne ha contati dieci.

Facebook

Instagram

Un pensiero su “Quando mia madre volava per casa

  1. Grazie per aver scelto la mia immagine per rappresentare il bel racconto di Francesca. Mi auguro che anche la brava autrice ritenga la mia sgangherata finestra degna dell’espressività delle sue parole.

    Ciao a tutti.
    P.S.: Sono molto contenta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *