EPISODIO 2: Il sequestro dell’allenatore
Nelle puntate precedenti: Paolo è un poliziotto grasso e poco motivato, che lavora alle reti informatiche della Questura e arrotonda riparando computer e cellulari dei colleghi. Grazie a un telefonino da aggiustare, conosce il Questore e scopre di avere una passione in comune con lui: i film pornografici. Quello che Paolo non sa è che il Questore, uscito di senno, poco prima di essere internato in Psichiatria, lo ha fatto trasferire alla Squadra Mobile, Sezione Omicidi. Nel nuovo ufficio, Paolo viene accolto in modo ostile: del resto non sa fare nulla di utile, è solo d’intralcio. Ma la situazione è destinata a cambiare quando le sue conoscenze, acquisite grazie all’impressionante quantità di film pornografici visti, gli consentono di risolvere un omicidio. A quel punto il capo dell’unità investigativa, detto semplicemente l’Ispettore, inizia a vedere Paolo sotto una luce diversa.
- L’intervento
La chiamata arrivò di pomeriggio e trovò la squadra, tutta nella stessa stanza, in silenzio. L’Ispettore lavorava al computer. Stava analizzando alcuni tabulati di un tentato omicidio, cercava il contatto col complice e non lo stava trovando. Gli altri si fissavano tra loro.
Poi lo squillo.
L’Ispettore interrompe la ricerca, sbuffa, afferra la cornetta. Annuisce più volte.
Subito, dice alla fine, e riaggancia.
Sequestro di persona, grida. Piano Zero. Muovetevi.
Sabrina si alza e corre fuori dalla stanza. Paolo prova a parlare ma l’Ispettore lo zittisce con un gesto. Come sempre, soprattutto quando chiede di poter tornare al vecchio impiego. Massimo apre l’armadio blindato e si mette due pistole mitragliatrici sotto braccio. Poi afferra quattro caricatori da trentadue colpi. Li infila nelle tasche e si ferma un attimo. Scuote la testa e ne prende altri quattro.
Sabrina torna nella stanza. Tutto pronto, dice.
In pochi istanti sono in auto, la sirena, il traffico che si apre davanti a loro come un piccolo Mar Rosso. Arrivano in collina, davanti a una villa bianca circondata da pattuglie.
Parlo solo io, dice l’Ispettore. Scende dall’auto e li precede nella casa. In una stanza ampia, la grande vetrata che affaccia sulla piscina, divani bianchi e quadri astratti, molta gente. Paolo li guarda uno per uno, poi si ferma sulla donna. Un vestito scollato e tacchi alti. Seduta sulla poltrona centrale, piange.
L’ho già vista, dice Paolo.
Massimo lo colpisce dietro la testa con un ceffone.
Per forza che l’hai vista, cretino, è tutti i giorni in televisione.
In un angolo due uomini parlano a voce bassa. Vedono l’Ispettore e lo chiamano.
Quello alto, dice Sabrina, è il PM.
Paolo annuisce. Sa già chi è l’altro: il Vicario, che regge la provincia da quando hanno internato il Questore nel repartino psichiatrico.
L’Ispettore parla qualche minuto, annuisce più che altro, poi trascina la squadra in giardino.
Allora, state attenti che non ripeto.
Tutti annuiscono. Anche Paolo, che però lo fa dopo gli altri e senza troppa convinzione.
Hanno sequestrato tale Luciano Lattonieri, di professione allenatore. Non chiedetemi di cosa. Doveva tornare a pranzo e invece hanno trovato la sua auto abbandonata, in un piazzale, la portiera aperta e il cellulare per terra, spaccato. La Scientifica sta lavorando sulla scena, e una volta finito cercheranno di tirar fuori qualcosa dal telefono, ma pare che sia messo male per cui non ci conterei. Il nostro compito per ora è sentire i testimoni. Tutto chiaro? Ci sono domande? Bravi non fate domande che non so che cazzo dirvi. Quindi procediamo, io e ciccio parliamo con la moglie. Voi due sentite la servitù.
Massimo grugnisce.
Problemi? chiede l’Ispettore.
Massimo scuote la testa e tornano tutti dentro.
- La moglie
Katrina, giusto? dice l’Ispettore. Ci dica cosa è successo, per favore.
La donna sistema i capelli, cerca le parole, non sa da dove iniziare.
Ero in casa, dice alla fine. Lo aspettavo per pranzo. Stamattina era al campo, come al solito, e oggi pomeriggio saremmo andati all’inaugurazione di un supermercato, qua in zona. Alonso, il ragazzo filippino, aveva già messo l’acqua a bollire, per la pasta. Ma lui non tornava. Poi è arrivato quel messaggio, un SMS. Dico io, chi manda i messaggi in questo modo, oggigiorno? Solo le compagnie telefoniche e quelli della bolletta. Invece proveniva da un numero strano, di qualche paese estero. Il mio cellulare non ce l’ho, l’ho già consegnato ai vostri colleghi, ma il testo me lo ricordo: Vogliamo cinque milioni o tuo marito è un allenatore morto.
Avete mai ricevuto minacce in passato? chiede l’Ispettore.
Non mi risulta, risponde lei. Mio marito non aveva nemici anche se, da quando è nella rosa dei papabili, ha ricevuto un sacco di insulti. Ma dicono sia una cosa normale, per l’allenatore della nazionale.
L’Ispettore si gira verso Paolo. Poi torna a guardare la donna.
Nazionale di che? chiede.
Penso si riferisca alla nazionale di calcio, dice Paolo.
Katrina li guarda e sospira.
Signora, dice l’Ispettore, con tutto il rispetto ma io faccio il poliziotto, di quelli senza manganello. Il calcio non rientra nei miei compiti.
Katrina lo studia per un istante, Paolo si appoggia la mano sul viso. L’Ispettore continua a non capire.
Se fossi in lei, dice Katrina, questo fatto che è senza manganello non lo direi troppo in giro…
L’Ispettore arrossisce e l’escussione finisce lì.
- Il vice allenatore
I tacchetti affondano nell’erba sintetica mentre i quadricipiti si gonfiano e sgonfiano col ritmo del cambio di direzione. I calciatori, uno dopo l’altro, scivolano come serpi tra i conetti di plastica, la palla che rimbalza fra i piedi, in un modo solo apparentemente caotico, e all’ultimo cono, di un colore diverso dagli altri, ogni giocatore tira in porta e qualcuno colpisce un palo, qualcuno va alto, il portiere si lancia comunque, ogni volta, e riesce spesso a intercettare il pallone. Alcuni uomini più maturi, tutti con la stessa tuta sportiva, assistono all’allenamento. Nello stadio solo una persona indossa giacca e cravatta. Quell’uomo, con tono serio, ogni tanto fischia con le dita, attira l’attenzione di questo o di quel giocatore, gli comunica qualcosa muovendo le mani, poi scuote la testa.
L’Ispettore l’ha notato. Si dirige verso di lui e fa segno di seguirlo. Paolo trotterella per il campo, viene quasi colpito da una pallonata, accelera il passo e si rifugia dietro le reti metalliche.
Negli spogliatoi, dove la luce filtra dalle finestre opache, l’Ispettore va subito al punto.
Chi ha rapito Lattonieri? chiede.
L’uomo allarga le braccia. E io come faccio a saperlo?
Lei che ruolo ha, qui? chiede l’Ispettore.
Sono il vice allenatore. Aiuto Lattonieri e quando non c’è, porto avanti i suoi progetti.
Quindi adesso che lui è stato rapito, è lei il capo?
Il vice sorride, prima di rispondere.
Capisco il sottinteso, dice, ma nel giro di qualche giorno daranno l’annuncio ufficiale. Lo convocheranno come Commissario Tecnico della Nazionale, e io prenderò in mano la squadra. Sono già il capo. Non avrei motivo per andare contro Lattonieri. Se non avete altre domande, tornerei al lavoro.
E mentre il vice si allontana, Paolo sente un flash che gli attraversa il cervello. Ma è un flash confuso. Rumori, più che altro, scricchiolii, qualcosa di nero. L’Ispettore gli scuote una spalla.
Hai visto qualcosa? chiede.
Paolo fa cenno di no.
Concentrati! dice l’Ispettore. Ho bisogno di te. E adesso torniamo alla villa, il Pubblico Ministero ha emesso un Decreto di perquisizione.
- La valigetta
Una perquisizione? sbotta Katrina. Noi siamo vittime! Non siamo i criminali!
L’Ispettore sospira.
Gliel’ho già spiegato, è solo una questione legale. Dobbiamo cercare elementi su cui lavorare e, siccome questa è un’abitazione privata, serve un Decreto del PM per toccare le vostre cose. Ma nessuno vi considera criminali…
Katrina straccia in due il decreto e lo butta a terra. Poi si mette a imprecare, in una lingua che nessuno conosce.
Mi sembra che stia dicendo politsia, suggerisce Paolo.
Politsia lo sento anch’io, replica Massimo. Sono le altre parole che, ecco, non starei lì a tradurle, coglione.
Poi se ne va. Paolo lo guarda e allarga le braccia sconsolato, vede Sabrina, la chiama.
Ma perché ce l’ha tanto con me? chiede.
Sabrina scuote la testa prima di rispondere.
Massimo ci ha messo quindici anni per venire alla Mobile. Quindici anni di freddo, botte, turni di notte. Aveva il numero di arresti più alto di tutto l’ufficio Volanti. L’hanno accoltellato due volte. Gli hanno sparato sul giubbotto, preso di striscio, è vero, ma comunque ha rischiato parecchio quella volta. Mai una punizione, mai un richiamo. E con tutto questo ci ha messo quindici anni per arrivare dove tu invece sei arrivato senza merito. Capisci perché non gli stai tanto simpatico?
Paolo annuisce. Poi cerca di precisare.
Ma io non ci vorrei stare alla Mobile…
Però Sabrina se n’è già andata. L’Ispettore l’ha chiamata. Accorrono anche gli agenti in divisa. Massimo ha trovato una valigetta, nell’armadio della camera da letto. Quando l’Ispettore dà l’ok, Massimo la apre. Falli enormi, fruste, manette di ogni tipo. Cinture da strap-on, corde, palle di gomma con l’elastico.
Può essere un indizio, dice Paolo, facendosi spazio fra gli agenti che affollano la stanza. La moglie dell’allenatore si copre il viso con le mani. Che vergogna, dice, che vergogna.
L’Ispettore chiude la valigia con un calcio. Non si preoccupi, dice, ci siamo abituati. È la stessa storia, ogni volta in ogni casa, durante ogni perquisizione. Questo non è un indizio, aggiunge poi guardando Paolo di traverso.
Gli agenti lasciano la stanza nello stesso modo in cui l’hanno occupata, in sciame.
Dov’è la Scientifica? chiede l’Ispettore.
Sabrina abbassa lo sguardo. Finché ci sei tu, dice, non vengono. È di turno lui, aggiunge.
L’Ispettore stringe i pugni e i muscoli del collo si tendono. Sabrina si avvicina, gli appoggia il seno sulla spalla, sorride, ma non funziona. L’Ispettore se ne va, e Paolo nota un poliziotto che, accanto al comodino, tiene un flacone in mano, ha svitato il tappo e lo annusa.
Paolo viene investito da un’orda di visioni. Persone, nude, con le braccia aperte come uomini vitruviani, pennellate da liquidi viscosi.
Cosa c’è in questo flacone? chiede l’agente a Katrina.
Niente, risponde lei sorridendo. È solo liquido per pulire i gioielli.
E questi? Chiede l’agente mostrando un mazzo di cerniere lampo.
Altre visioni. Donne senza volto. Uomini con una zip sulla bocca.
Katrina allarga ancor di più il sorriso: Sono appassionata di moda.
- Fare il punto
In ufficio, Sabrina è accanto a Massimo. Gli appoggia il seno sul braccio. Un rumore la distrae, si apre la porta. Vede Paolo, lo guarda male e si stacca da Massimo.
Dov’è l’Ispettore? chiede Paolo.
Dal Vicario, dice Sabrina. Sta cercando di risolvere la cosa della Scientifica.
Appena in tempo. L’Ispettore entra e colpisce la scrivania con un calcio. Il monitor del computer si abbatte sulla tastiera.
Tutti restano in silenzio. In attesa.
I domestici che lavorano alla villa? chiede poi l’Ispettore.
Massimo prende una serie di verbali compilati a mano.
Niente, dice. Niente, niente, niente, ecco, l’aiuto cuoca si è lasciata scappare una cosa. Poi ci ha tenuto a precisare che non è sicura, che forse è solo una voce, era agitata. Il che vuol dire che è una cosa vera.
Cosa? chiede l’Ispettore.
Il giovedì pomeriggio hanno tutti la mezza giornata libera. Il giardiniere, l’autista, la cucina, tutti. Se qualcuno si ferma alla villa anziché andarsene, pare che la signora si incazzi di brutto. L’aiuto cuoca è stata insultata pesantemente una volta. Anche se questo non ha voluto metterlo a verbale.
Giovedì pomeriggio, sussurra l’Ispettore. Questa cosa è da approfondire.
Già fatto, dice Sabrina. Ho fotografato di nascosto i fogli di servizio del personale. È confermato.
Brava Sabrina, dice l’Ispettore. Ora dobbiamo capire il perché.
- La chiamata
Nel salotto bianco gli agenti sono in piedi, accanto ai muri, in silenzio. Sul divano siedono il PM, Katrina, il vice allenatore. Nel corridoio verso la cucina, in penombra, l’Ispettore, Sabrina e Paolo. Aspettano.
Il telefono di Katrina squilla. Lei risponde e dall’altro capo c’è una voce metallica, distorta, come di un computer. La voce detta le istruzioni per la consegna dei soldi, e anche il PM le sente, grazie alle cuffie collegate al sistema di intercettazione.
Paolo si sposta di lato, porta il proprio braccio quasi a contatto col seno di Sabrina, ma lei indietreggia. Lui si sposta ancora, spera di arrivare, ma lei lo colpisce alla tempia con una schicchera. Il Dirigente si volta dal divano. Shhhhhh, dice.
Katrina, ancora al telefono coi sequestratori, singhiozza, poi chiude la conversazione. Il PM si alza e batte le mani per attirare l’attenzione, riassume il contenuto della telefonata.
Vogliono sei milioni di euro, dice, in banconote di piccolo taglio. Ci faranno sapere i termini della consegna.
Cosa sono? chiede Paolo.
L’Ispettore lo guarda male.
Intendo dire, continua Paolo titubante, venti Euro sono di taglio piccolo o grande? Per me, ad esempio, venti Euro sono una bella cifra. Ci vivo tre giorni…
È allora che, nel silenzio generale, il vice allenatore si alza dal divano. E così Paolo sente di nuovo quel rumore. Uno scricchiolio. Non proprio secco, piuttosto croccante, ma morbido. Paolo viene travolto dalle visioni. Uomini rinchiusi in gabbie, serrate a loro volta dentro bauli, nascosti in fondo alla cantina. Gli occhi inesistenti, la bocca serrata da una zip. Donne avvolte in costumi laccati sul corpo, su misura. Braccia e gambe legate al muro. Paolo ricorda l’odore, nella camera da letto durante la perquisizione: lattice. Ecco cosa indossa il vice allenatore: lattice. E chi glielo pennella addosso? Paolo guarda Katrina, che piange, poi si volta verso l’Ispettore.
Il vice e la moglie, dice Paolo, hanno una relazione. Sono due patiti del lattice.
L’Ispettore si ferma un secondo, non capisce.
C’è tutto un intero filone del settore, dice Paolo. Si posizionano le cerniere sul corpo nudo e depilato, come quelle che avete trovato di sopra, poi si spennella o si spruzza il lattice. Quando si secca, tutto il corpo rimane avvolto in una guaina che non fa passare nulla: né aria, né acqua, niente di niente. Il vice allenatore e Katrina, lo fanno!
L’Ispettore afferra il telefono e chiama Massimo.
Sei allo stadio? chiede. Controlla che turni avevano Lattonieri e il vice, il giovedì pomeriggio.
L’Ispettore aspetta, ascolta, poi annuisce. Infine si avvicina al vice e gli sorride. Gli afferra la camicia e tira verso il basso, con forza. I bottoni saltano per la stanza, il PM grida, il Dirigente grida, anche il vice grida, ma sotto alla camicia c’è un vestito di lattice nero.
- Confessione
Da lì in poi l’indagine fu semplice. La Procura sospettava anche di Katrina, all’inizio. Ma lei era solo infedele a desiderosa di essere avvolta in abiti di lattice. Suo marito non la accontentava, il vice allenatore sì.
Era iniziata così, con la scoperta di interessi in comune. Ed era continuata ogni giovedì pomeriggio, nella villa, quando il marito era occupato al campo e l’amante era libero.
Per Katrina era solo uno sfogo, lei amava il marito in fondo, ma non aveva calcolato l’invidia che consumava il vice allenatore. Quello non voleva solo fottergli la moglie, ma anche l’incarico, e la convocazione in Nazionale, e in mancanza la vita.
Lattonieri infatti fu trovato cadavere, dove il vice l’aveva fatto portare dal complice, un aspirante calciatore senza talento, lo stesso che si occupava delle telefonate. Arrestato anche lui.
Lo odiavo, confessò il vice all’Ispettore, lo odiavo con tutte le mie forze. Aveva per le mani una donna così, e sapete cosa le faceva?
L’Ispettore e il PM avevano scosso la testa.
La penetrava! Alla missionaria. O alla pecorina. O lei sopra. E chissà in che altri modi ancora…
Infatti, aveva detto l’Ispettore. Assurdo. Rapporti sessuali completi. Tu invece, racconta, che facevi con lei…
Io non l’ho mai penetrata, mai! Io non sono come quella gente. Noi amavamo solo il sudore dei nostri corpi che non potevano respirare, il lattice brillante, gli odori dell’occlusione. Lattonieri invece era una bestia! Un uomo del secolo scorso.
E così avevano chiuso il fascicolo. Non si trattava di un sequestro.
E quando in ufficio tutti erano soddisfatti per la soluzione del caso, nonostante tutto, e quando perfino Massimo aveva mugugnato un mezzo complimento a Paolo, arrivò una chiamata.
Orsettino Bubino mio, dice la madre di Paolo, ho saputo della tua promozione, sei un investigatore adesso. L’ho sempre detto che avresti fatto carriera.
Mamma, non è vero. Mi ripetevi in continuazione che non avrei combinato nulla nella vita.
Ma smettila Bubino. Ora sei una persona importante…
Paolo è quasi contento della notizia, ma la madre non ha finito.
Quindi è arrivato il momento che qualcuno venga a trovarci. Lo sento sempre sai, gli racconto tutto. Non si è mai dimenticato di te, sai? Orsettino, te lo ricordi Don Gregorio? Ti faceva catechismo al paese. Verrà in città apposta per te, è appassionato di criminologia e vuole scoprire il più possibile del tuo lavoro. E pensa la combinazione, era in seminario col tuo dirigente. Sei contento Bubino?
FINE
Nella prossima puntata: La direttrice di un’importante banca viene trovata morta in ufficio. Il medico legale fatica a scoprire la causa della morte, e non emerge alcun movente valido. Nei bagni dell’Istituto di Credito però si trovano strani buchi, stuccati di recente. Paolo è la persona giusta per investigare, ma sarà complesso per lui seguire il solito metodo, visto che la madre e Don Gregorio gli stanno alle calcagna.
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