Avreste potuto trovare Landa Karma seguendo i post sul nostro blog se solo il Guru avesse rinnovato il dominio. Invece, dovrete faticare.
Ma ne varrà la pena. Landa Karma non ha confini.
Il nuovo Tibet 2.0 è preceduto da un quartiere degradato ricco di palazzoni abusivi; da un citofono guasto, da scale (l’ascetismo è, per definizione, salita); dall’olezzo del Guru che segnala il giusto piano del condominio e da un poster sulla porta che comprai da Star Music nel ’96, raffigurante una cascata sbiadita, colpita da un raggio di luce celestiale, immersa in un verde acrilico sparafleshante da natura incontaminata indiana (anche se in India io e il Guru non ci siamo mai stati).
Non bussate (graffiate il poster): è aperto.
Landa Karma non è né il nome di una capitale né la traduzione di Huawei né qualsiasi cosa di poetico stiate pensando. Sono quattro stanze occupate durante le proteste del ’68 che ora, dopo oltre cinquant’anni, hanno trovato la pace e si sono lasciate andare. Certo, hanno messo su qualche chiletto di muffa, lanuggini e ragnatele e, se non state in campana, vi beccate il tetano o Riccardo con un suo bambino narcotizzato o il Guru in bagno. Landa Karma pretende consapevolezza.
Chiede poco, restituisce molto.
Prima chiede.
A Landa Karma è vietato: guardarsi negli occhi, parlare con altri, scrivere ad altri (tranne a chi ha scritto i divieti). Io seguo le regole anche sapendo che il Guru ha tratto gran parte dell’ispirazione da suo fratello autistico. D’altronde cosa sono tre precetti da mandare a memoria rispetto a uno stato di diritto? Se vi sentite disorientati, trovatevi un posticino, sedete in silenzio in mezzo agli altri, incrociate le gambe e non incrociate altri sguardi e il gioco è fatto. Vi direi prendete appunti ma non si può scrivere (e non potendo neanche parlare la questione non si pone).
Stiamo seduti nella posizione del loto su cuscini, coperte o rialzi improvvisati. Fa piuttosto freddo senza riscaldamento: serve a scremare i deboli di spirito o di sistema immunitario. Dalla quinta settimana la pelle d’oca sarà il vostro credo, gli starnuti le vostre preghiere. Ci concentriamo sul respiro, lo sentiamo nascere e scorrere lungo la fettuccia tra labbra e narici. Inspiriamo ed espiriamo seguendo le istruzioni del Guru, che ha la nuca rivolta a noi e il naso verso il muro; ed è dal muro, da Landa Karma, che lui trae ispirazione per le sue perle di saggezza.
Così se sei giunto qui a causa di dubbi sulla tua mascolinità egli direbbe: «Non è la misura del trattore che conta, ma quanto tempo trascorri ad arare il campo.»
Se vuoi affidarti a un esperto di borsa egli direbbe: «Uomo assennato è colui che non pratica mai saltacavallo con unicorno.»
Se cerchi di ritrovare il sorriso egli direbbe: «Colui che è capace di sorridere quando tutto va male, è perché già ha pensato a chi darà la colpa.»
Se desideri ardentemente abbracciare la vita bohémien egli direbbe: «Requisito essenziale per la grandezza di un artista è la sua morte.»
No. Il trucchetto del muro può farlo soltanto lui. Noi possiamo comunicare con la purezza del respiro. È come un codice morse copiato dai tibetani.
Due-sospiri-brevi, ad esempio, significano sì; due-inspirazioni no; starnutire è un grazie convinto, e vista la temperatura polare delle stanze, noi Landa Karmiani siamo molto educati. Poi ci sono le frasi da Landa Karmiano esperto: bocca-aperta-coperta-con-la-mano grazie, niente sodomie; bocca-aperta ok alle sodomie; sospiro-starnuto-e-inspirazione significano fammi posto sul balcone. Quest’ultima è particolarmente importante. Sì, più di niente sodomie.
C’è un solo balcone a Landa Karma ed è costantemente sovraffollato.
Se uno di voi si dovesse chiedere il perché capirà presto a sue spese che c’era un costante alone di rispetto attorno al Guru. C’erano anche aloni di sporcizia e macchie di dubbia provenienza su quel corpo dalle fattezze di Buddha. La sua anzianità era pari solo al suo odore. La leggenda narra che egli non si lavasse dall’alba dei suoi tempi: sotto le ascelle ha ancora tracce di placenta.
È vero. Landa Karma non ha confini ma se ti spintonato oltre la ringhiera, alla ricerca di aria, finisci di sotto e muori. Perché i luoghi di culto non si trovano mai al piano terra. Quindi memorizzate: sospiro-starnuto-e-inspirazione.
Il Guru aveva già il physique du rôle da Babbo Natale quando, nel ’68, si era spacciato per uno del comitato studentesco fuori corso intento a occupare Landa Karma, a dargli una voce. E proprio perché il suo tempio corporeo era un invito all’ictus e all’infarto già dai primi brufoli, ha capito l’importanza di affidarsi a un luogo sacro che non deve preoccuparsi della differenza tra colesterolo buono e colesterolo cattivo. Chiudendo gli occhi, di quei giorni rivoluzionari potete ancora sentire l’eco (e con la scusa rispettate anche le regole). Colto. Coltissimo. Era un pozzo di scienza ed escrescenze. C’insegnava l’etica. «Bisogna mantenersi» ripeteva costantemente al muro, «e fare il mantenuto richiede impegno.»
Con l’avvento di Internet si era fatto bannare da Wikipedia quando era ancora senza argomenti. Conosceva quattro lingue, con cui faceva spesso scambi di coppia. I libri che ci raccontava, li leggeva soltanto in seguito. Così già sapeva quello che ne pensava.
Aveva un profondo rispetto per i testi sacri nonostante credesse fermamente in una religione panteista in cui Tex Willer fa il culo a tutti.
Ma Landa Karma non è solo il Guru. È una comunità in continua evoluzione e supporto reciproco. Da quando è arrivato Riccardo, un coroner con l’hobby per la pedofilia, prima delle sedute ci passa la sua crema nascondi-fetore-da-obitorio e noi ce la spalmiamo sotto il naso, riuscendo a sedere in circolo vicino al maestro senza svenire. Ora, con Riccardo, i bambini dell’asilo comunale diventeranno i futuri adulti devastati che Landa Karma accoglierà a stanze aperte.
Passano le stagioni e le convinzioni, passa – nel senso che mi superano – l’ennesima infornata di nuovi idealisti smaniosi di lasciarsi alle spalle il consumismo occidentale per la moda del medita e lascia andare. E io li lascerei volentieri andare ma ho delle bollette da pagare e poi ho adocchiato una nuovo abito di Armani da indossare. Continuando con i verbi in –are, mi piacerebbe far notare ai nuovi l’importanza di respirare&sospirare per comunicare, ma in troppi masticano ancora poco il Landa Karmiano e non si accorgono che sto respirando&sospirando al passato. In effetti è da alcune ore che mi barcameno tra propaganda, proseliti e una soluzione alla morte del Guru. Non che la sua dipartita arrivi inaspettata anzi, il mio stupore, visto il suo regime di vita, è che non sia nato morto. C’erano anche le avvisaglie: il frigo troppo pieno, il dominio scaduto, l’assenza di peti a tradimento e di cambi di postura e forse il fatto che alle mie domande rispondesse da ore con sguardi da triglia avrebbero dovuto farmi scattare un campanello di allarme ma, d’altronde, se la realtà delle cose non la si vuole vedere, non la si vede. Fortuna vuole che le sue spoglie sono rimaste anchilosate in una posa ascetica altamente meditabonda, il rigor mortis lo farà entrare nel guinness dei primati dello yoga. Purtroppo la decomposizione gli fa da deodorante e qualche adepto fanatico parecchio attento alla sudorazione del suo Mahatma potrebbe accorgersene.
Un disastro. La metà delle domande ai miei “e mo’?” è andata a farsi fottere assieme allo spirito del Guru. Sono talmente disperato che sto scollando il poster della cascata sbiadita dalla porta per ridurre le perdite. Come avrebbe detto il Guru, “la felicità è nelle piccole cose”, e tramite lui stavo accumulando una piccola fortuna in donazioni che mi avrebbero permesso di vivere in una piccola isola dei tropici senza estradizione.
Faccio lo slalom tra i fedeli e mi prodigo in abluzioni inventate sul momento per controllare il livello di coglionaggine generale. Discretamente alto, se non fosse per quel nuovo arrivato che pone la solita domanda sul significato della vita. La risposta la conosco: «Se possono trarre la penicillina dal pane ammuffito, sicuramente potranno tirare fuori qualcosa da te.» Me la cavo col ventriloquismo ma non ho le corde vocali del Guru arrochite dai polipi. Ho poco tempo. Potrei dire la verità, la morte di un singolo seme è per il bene di tutta la pianta e proporre un culto basato sull’armonia e la parità di genere, poi mi ricordo che siamo in Italia e mi chiudo alle spalle la porta del bagno con due mandate. Quale comunità e comunità. Landa Karma è il Guru e dove c’è lei c’è lui. Dove finisce lui la figura dello stronzo la faccio io. A rimarcare il concetto c’è il suo lascito nello sciacquone dell’ultimo esorcismo intestinale. Hare krishna al vicks vaporub di Riccardo che mi protegge dal Chernobyl fecale. Apro la finestra per inalare cielo nei polmoni e mi trovo il palazzo abusivo con il calcestruzzo ancora aggrumato. C’è un finestrone spalancato all’altezza della mia finestra aperta e, oltre il finestrone, c’è una camera arredata neanche fossimo nell’Ottocento con una vecchia sorretta da una bombola d’ossigeno che rantola contro una donna delle pulizie. Vorrebbe parlarle ma le escono solo affanni e sospiri. La voce della vecchia è la voce di Landa Karma.
Lo comprendo. Ora ci credo. Il mio viaggio astrale è un viaggio condominiale.
La vecchia ha una crocchia di capelli grigiastri raccolti in una spirale di possibilità: avrà le sue manie, i suoi incubi post guerre mondiali, i tena lady, la dentiera sul comodino e magari anche un tocco di Alzheimer ma nulla può essere peggio del Guru. Se mi sporgo con tutto il bacino, arrotolando il poster come un ponte tra la banalità del mondo e le possibilità della fede, posso raggiungerla. Lei continua a litigare con la donna delle pulizie perché ha pulito male o forse perché è troppo giovane e le ricorda i suoi anni andati. Non importa, io ascolto il linguaggio nascosto dei suoi rantoli arrochiti, il suo enfisema è la corona di spine che la elegge a prima profeta femminile. E poi, a occhio e croce, casa sua è molto più spaziosa di questa. Incastro la punta dei piedi al lavandino del bagno e mi sporgo abbandonando ogni cautela. Fremo quasi quanto al mio primo preservativo, ho la gola secca, ripercorro le orme del Guru nel mio personalissimo ’68 2.0. La donna delle pulizie continua a tormentare la vecchia crocchia che la casa è stata pulita perfettamente. Vorrei gridare in difesa del mio nuovo bancomat su gambe: «A cosa serve la pulizia, in una casa da allevamento intensivo di fedeli?» ma ho gli addominali in fiamme per lo sforzo e il respiro che va per conto suo. Nel mentre la vecchia crocchia ribadisce con un urlo che le leva un anno di vita: «Non è vero, casa fa schifo!» La donna delle pulizie se ne va sbattendo la porta.
La vecchia crocchia allora afferra e punta a mo’ di cecchino un bastone da passeggio in direzione dell’ingresso prima di voltarsi verso il finestrone con uno scatto d’ira da farmi pensare “ora si butta di sotto, afferra il poster e comincia il suo vero percorso”. Invece resta inebetita, con me proteso in avanti a lottare con la gravità. Quante cose vorrei dirle senza che mi scambiasse per un maniaco. Posso convincerla. Le pensioni da fame fanno miracoli. Incontra il mio sguardo e vacillo. Da un palazzo all’altro, fin dentro il mio animo, sopra il cornicione con i piedi incastrati tra il lavandino che hanno perso sensibilità impreco: «A Landa Karma non ci si guarda negli occhi.»
La vecchia chiude il finestrone e serra le tende come un sipario.
Copertina di William Bersani