Vita da angelo

Vita da angelo

I due angeli si alzarono in volo dal parcheggio est del centro commerciale dirigendosi verso il sole. Le famiglie e i curiosi erano ammassati dietro le transenne. Alcuni padri reggevano a cavalcioni sulle spalle i figli, incitandoli a salutare gli angeli con la manina. I piccoli fissavano con occhi imbambolati lo spettacolo, intimiditi di fronte a personaggi visti, fino a quel momento, solo in televisione. I più grandi, richiamati più volte dalle madri, si muovevano irrequieti, chiedendo insistentemente informazioni sugli angeli: Cosa mangiano? Fanno le uova? Un angelo vola più veloce di un’aquila? Alcune ragazze, conquistate dal romanticismo della scena, si abbracciarono più strette ai loro giovani compagni alla ricerca di un sentimento condiviso, mentre gruppi di ragazzi adolescenti, credendo di aver ormai raggiunto definitivamente l’età della ragione, canzonavano l’avvenimento con battute sarcastiche.
Dopo una lunga rincorsa, gli angeli avevano dispiegato le maestose ali bianche, sollevandosi in aria e sventolando le tuniche chiare di Gore-Tex ShakedryTM. Ci fu uno scroscio di applausi da parte del pubblico adulto quando i piedi degli angeli, che calzavano Nike Heaven candide, si staccarono dall’asfalto. I due angeli fecero un’ampia virata verso destra, dietro un gruppo di stinti palazzoni popolari, scomparendo alla vista della folla riunita per l’inaugurazione del grande centro commerciale.
“Non ce la faccio” disse Raffaele sofferente. “Devo scendere subito.”
“Cerca di resistere, tra poco ci siamo” cercò di tranquillizzarlo Michele con voce accattivante, preoccupato di doverlo sorreggere fino a destinazione. Chiamò subito Lisa, la sua assistente personale, con il suo iPhone 14 Pro color avorio, per far arrivare un’autoambulanza.
Grosse gocce di sudore si addensarono sul volto sbiancato di Raffaele, mentre serrava i denti per sopportare il dolore. Le ampie ali piumate si inarcarono più lentamente per lo sforzo.
Stava morendo di cancro.
Atterrarono nel campetto da calcio della parrocchia. Raffaele stramazzò a terra prima di aver racchiuso le ali, mentre Michele planava con la grazia dei cigni. Il medico e l’infermiere dell’autoambulanza si precipitarono verso Raffaele, lo trasferirono sulla lettiga e cercarono di rianimarlo nel tragitto verso l’ospedale.
Lisa, agile come talvolta sono i grassi, corse incontro a Michele con un morbido accappatoio chiaro, ma lui la ignorò per infilarsi nella Maserati Trofeo bianca che partì immediatamente per l’albergo. Mentre Lisa riprendeva fiato, lo giustificò come era solita fare: “è solo un po’ nervoso, poverino”.
Ne aveva abbastanza, si disse Michele. Quella era l’ultima volta che avrebbe volato con Raffale, un vecchio angelo trentenne, di quelli del primo esperimento che in seguito si erano tutti ammalati di cancro al colon. A diciannove anni, lui doveva pianificare seriamente la sua carriera. Aveva iniziato da un anno con la pubblicità, e aveva già recitato in due film: piccole parti, ma che lo avevano fatto notare e, soprattutto, gli avevano permesso di conoscere un produttore americano. Certo, doveva continuare a mantenere i rapporti con il Movimento per la Sacralità della Vita che, pur senza la completa approvazione del Vaticano, aveva reso possibili gli esperimenti del progetto Ogni bimbo è un angelo; ma non poteva più, come i suoi genitori gli avevano insegnato da bambino, partecipare solamente, e gratuitamente, alle feste religiose e al presepio vivente a Natale.
Attraversò la lussuosa camera d’albergo lasciando cadere disordinatamente gli abiti sul pavimento e si infilò sotto il getto tiepido della doccia idromassaggio. La rabbia si sciolse al calore dell’acqua, facendogli dimenticare per un po’ le due ripugnanti piume grigie che macchiavano la sua ala sinistra – un errore di programmazione genetica -, e che doveva sempre tingere di bianco. Si sistemò poi sul letto a guardare la televisione, sorseggiando una Coca-Cola Light. Lisa, che lo aveva raggiunto in albergo, gli massaggiò delicatamente le spalle con le piccole mani paffute, lasciando vagare lo sguardo sul corpo diafano dell’angelo che gli ricordava il giovane adolescente che era stato il suo unico amore.

Raffaele stava sognando sotto la maschera ad ossigeno. Attorno a lui c’era una radura verde brillante, contornata da un fitto bosco di pini scuri. Soffici nuvole bianche galleggiavano nel cielo limpido; Raffaele allungò la mano per toccarle, ma erano troppo distanti. Distolse lo sguardo, incontrando il volto enorme e sorridente della mamma che riempiva metà del cielo. “Il mio piccolo angelo” gli sussurrò lei. Le sorrise confortato.
La madre di Raffaele arrivò in ospedale quando ormai il figlio era morto. Aveva predisposto che le sue ali venissero in seguito spennate per poterne vendere le piume, ma quando si accorse di una penna strappata, si precipitò dal Direttore Sanitario minacciando di far causa all’ospedale se non si fosse ritrovata la preziosa reliquia.

Nel colorato spazio giochi allestito nel centro commerciale, un gruppo di bambini stava ritagliando con impegno bianche ali di cartoncino, fantasticando su un’emozionante vita da angelo.

***

Prima pubblicazione nell’antologia del concorso letterario “Montagne d’argento”, Angeli, Keltia Editrice, Aosta, 2006, pp. 40-41.
Ringrazio Keltia Editrice per aver gentilmente concesso la ripubblicazione del racconto, che ho modificato.

Copertina di Amin Moshrefi da Unsplash (dettaglio)

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