Mamma dice che qua in montagna ci veniamo ogni anno, per riprendere la nonna dalle vacanze. Dice che non me lo ricordo perché sono piccolo. Ma io non sono piccolo, solo che proprio non me lo ricordo. E non sapevo che anche le nonne andassero in vacanza. Ma da cosa? Mamma e papà vanno poco in vacanza, solo quando sono stufi del lavoro; io ci vado quando fa caldo e della scuola non se ne può più. Manca poco alla classe dei grandi, quella coi quaderni e lo zaino pesante, però anche io quando arrivo a casa sono stanco. Ma la nonna perché si deve riposare? Forse sale quassù in montagna per andarsene in vacanza da me. E mi sento triste.
“Arturo, ma che hai? Perché non mi rispondi?” Mamma si gira a guardarmi e allunga la mano verso la mia gamba, ma non ci arriva, per colpa della cintura. Ha gli occhiali da sole scuri, quelli che non mi fanno vedere che faccia ha. “Che abbia capito?” aggiunge verso papà, a bassa voce.
Vedi, avevo ragione. È per me che nonna ha bisogno di riposo. Passo con lei tutti i pomeriggi: mi viene a prendere quando suona la campanella, mi porta ai giardinetti se c’è il sole, oppure a casa sua. Ogni tanto, se faccio il bravo, andiamo al cinema. Io ho paura quando si spengono tutte le luci, prima che inizi il cartone, e allora lei mi stringe forte forte la mano e scaccia via la paura. La mano della nonna è magica.
Certe volte mi addormento a casa sua, perché mamma e papà fanno tardi a lavoro. A casa della nonna ho tutto quello che mi serve per la notte e quando mi infila il pigiama e mi mette a letto, sotto le coperte sento il suo odore, sa di sapone. E mi viene sempre da sorridere. Poi non so che magia fa, ma la mattina mi sveglio sempre nella mia stanza di casa. Se io vado a scuola tutti i giorni e mamma e papà fanno lo stesso con l’ufficio, mi sa che sono io il lavoro della nonna.
“Cantiamo una canzone?”
“No, Arturo. La mamma oggi non si sente bene, ha mal di testa…” risponde papà, mentre abbassa il finestrino.
“E allora facciamo il gioco delle macchine? Contiamo per prime tutte quelle rosse!”
“Arturo, è una giornata…”
“No, Roberto, va bene, ce la faccio…” dice la mamma poggiando una mano sulla gamba di papà.
“Certo che ce la puoi fare, mamma, vinci sempre tu.”
Lei si gira e mi fa un mezzo sorriso. È strana oggi, infatti riesco a batterla, appena in tempo, prima che lasciamo la strada grande per arrampicarci tra le montagne. Adesso ci sono poche macchine e il gioco dei colori non possiamo farlo più. Le darò la rivincita al ritorno, lei me la dà sempre. Così giocherà anche la nonna e forse forse, se mi suggerisce come fa sempre, vinco ancora io. Dopo tante curve, mamma chiede a papà di fermare l’auto, abbassa il finestrino, sporge la testa, ma non succede niente. Alla mamma fa male la macchina, per quello anche quando c’è la nonna si mette sempre davanti. Apre la portiera e scende dall’auto, si allontana un po’ e io ho paura perché anche papà scende. Resto in auto da solo, mi viene da piangere ma resisto. Papà la raggiunge, la abbraccia. Restano fermi lì, lontani, poi risalgono in macchina e non dicono niente. Ripartiamo.
Mi metto a fare il gioco che guardo il vetro del finestrino invece di quello che c’è fuori, e tutto corre in strisce lunghe lunghe, i colori si mescolano e un po’ mi gira la testa. Chiudo gli occhi, per tanto o poco tempo non lo so.
“Quanto manca?”
“Poco, Arturo, siamo quasi arrivati” risponde papà. Mamma si copre la bocca e si inchina a prendere qualcosa nella borsa. Tira fuori un fazzoletto, ma io non ho il naso sporco.
“Quando arriviamo ci sono altri bambini?”
“Oggi no, Arturo” risponde papà.
“E con chi gioco io?”
“Arturo, oggi devi fare il bravo, fallo per la mamma, d’accordo?”
Papà ferma la macchina e dal finestrino vedo una casa grande, con tanti piani, piena di fiori ai balconi. Dietro la casa mi sembra di vedere dei cavalli. Ora me li ricordo i cavalli! È vero, ci siamo già stati. Nel parcheggio c’è un sacco di gente con gli occhiali scuri, sembrano tutti seri. Se queste sono le vacanze dei grandi allora voglio rimanere piccolo.
“I cavalli! Posso andare a giocarci?”
“Oggi non è possibile” risponde papà.
“E allora domani?”
“Non ci fermiamo a dormire qui, Arturo, torniamo a casa.”
“A casa della nonna?”
“No, a casa nostra.”
“E ci torniamo un’altra volta a giocare coi cavalli?”
“No, Arturo, non ci torniamo” mi dice mamma. Si gira e stavolta ci arriva alla mia gamba, perché si è slacciata la cintura. Mi accarezza.
“Ma se hai detto che ci veniamo ogni anno qui…”
“Il prossimo anno non ci veniamo” risponde mamma. Mi sorride strana e si gira subito, ritirando la mano.
“E la nonna? Chi viene a riprendere la nonna l’anno prossimo?”
Mamma guarda papà. Lui scende dall’auto, poi scende anche la mamma.
“E la nonna?”
Papà mi slega dal seggiolino. La mamma ha intorno un sacco di persone, tutti in fila e poi le stringono la mano.
“Allora, papà? E la nonna?”
Copertina di Francesca Galli
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