Come la luna

Come la luna

Il mare di notte ha il colore dell’asfalto, nero, privo di profondità. È per questo che Asia vi si immerge.
Mettersi in costume davanti a un ragazzo è sempre stato un problema, ma lì, sotto quella coperta liquida, è al sicuro. Là sotto, nessuno può vedere le sue imperfezioni.
Non sapevano che la serata sarebbe andata così; erano usciti per farsi una birra ed erano finiti a passarsi una canna sdraiati sulla spiaggia, nessuno dei quattro con il costume sotto ai vestiti leggeri. Asia, che non scopre mai le cosce, indossa pantaloni di cotone sotto al ginocchio e un top fatto all’uncinetto, che lascia intravedere le spalle esili: le uniche curve di cui non si vergogna. Ma ora, seguendo l’istinto che li ha attratti come animali assetati verso il rumore dell’acqua che s’infrange sulla riva, quei pantaloni se li toglie senza pensarci.
Forse perché quella zona della spiaggia non è illuminata o forse perché lo stanno facendo tutti. Si sfila i vestiti, li ripiega con cura e li ripone dietro al moscone di salvataggio, dove sarà più facile ritrovarli. Ha bevuto un paio di birre e fumato un po’, e non trova strano che ora il vento accarezzi parti di lei che nessuno ha mai sfiorato, anzi si accorge che è piacevole.
Mentre entra in acqua, completamente nuda, vede qualcosa di bianco risaltare sul corpo esile di Francesca e capisce che lei, invece, ha ancora addosso la biancheria.

Asia si immerge in fretta fino al collo, nuota un po’ allargando le braccia e sente l’acqua scivolarle addosso come una sottoveste di seta. È tiepida e leggera, accogliente come le braccia di un amico, e lei si è quasi abituata a quella sensazione di libertà quando Daniele si avvicina.
«Dove scappi» le dice.
Asia deve resistere all’impulso di sfiorargli un fianco con la mano, per capire se indossa ancora i boxer. «Sto solo nuotando» dice lei, e fa un passo indietro.
Il cielo sopra di loro è limpidissimo, pieno di stelle, sembra di stare in mare aperto. La luna è una curva imperfetta sospesa sulle loro teste.
Sentono le risate di Francesca e Alberto, e il rumore di mani che colpiscono l’acqua. In lontananza, la sirena di un peschereccio.
«Guarda qua» dice Daniele, e fa una capriola.
Asia batte le mani. Non ne è sicura, ma pensa di aver visto qualcosa di colorato muoversi sotto al pelo dell’acqua, ed è sempre più convinta di essere l’unica non indossare nulla.
«Scommetto che non lo sai fare.»
Asia si tappa il naso con una mano, chiude gli occhi e abbassa la testa. Sa di non poter fare una capriola e allora trattiene il respiro più a lungo che può e quando non ce la fa più schizza fuori con un salto.
«E questo cos’era?»
Entrambi si mettono a ridere e lei non pensa che Daniele deve aver notato il suo busto nudo. Si porta i capelli bagnati davanti alle orecchie, coprendo le clavicole nel punto in cui dovrebbero esserci le spalline del reggiseno. La sua pelle poco abbronzata risalta nel buio.
Lui si immerge di nuovo, e poco dopo i suoi piedi bucano l’acqua puntando verso il cielo.
«Questo lo so fare» dice Asia e si tuffa a pesce per fare la verticale, ma l’acqua le entra nel naso e lei torna subito fuori tossendo.
Lui ride ancora. «Sì, lo vedo.»
Anche lei ricomincia a ridere e poi lo schizza, a fatica.
Sente la testa leggera. Sente che lì, al buio, potrebbe accadere di tutto e la cosa non la spaventa. Sente che sarebbe semplicissimo, in quel momento, sfiorarlo e lasciarsi sfiorare – arrivare dove non sono mai arrivati prima.
«Adesso ce la faccio» dice, tornando con la testa sotto e resistendo al dolore dell’acqua che le riempie il naso e le fa bruciare la gola. L’aria fresca le solletica i piedi e lei fa qualche passo sulle mani prima di riemergere. Prova ad aprire gli occhi, ma è come nuotare nell’inchiostro.
Un altro colpo di tosse, i capelli si spostano tutti da un lato.
Daniele la guarda, lei capisce che non ha più bisogno di nascondersi. Con le mani solleva i capelli sopra la testa, come per legarli in una coda alta.
Lui allunga un braccio e appoggia la mano aperta sul suo collo scoperto, il pollice al centro della fossa giugulare – una pressione leggera. Asia socchiude gli occhi e, inclinando la testa da un lato, gli accarezza la mano con il mento. Il suo corpo è rigido e teso verso quello di lui, vorrebbe sentire la pressione di quella mano su ogni centimetro della sua pelle.
Mentre il pollice di Daniele sta lentamente scendendo dal collo fino all’ombelico, da lontano arriva la voce di Alberto, attutita come in un sogno.
«Raga noi usciamo, fa un freddo maledetto.»
Asia si accorge che le fischiano le orecchie.
Francesca ha già raggiunto la riva, la biancheria chiara che risalta nel buio, anche da lontano.
«Andiamo» dice Daniele. Lo sguardo complice che rivolge ad Asia ha il sapore di una promessa.
«I vestiti» gli sussurra lei all’orecchio. «Sono dietro al moscone.»
«Okay» fa lui, e si allontana nuotando.

Asia incrocia le braccia sul petto, ha la pelle d’oca. All’improvviso percepisce ogni estremità del suo corpo: le punte dei piedi, che toccano a malapena il fondo e scavano piccoli cerchi nella sabbia dura; le dita delle mani, con i polpastrelli rattrappiti dal freddo e dal contatto prolungato con l’acqua; la testa si è fatta pesante, e sembra quasi che le spalle non riescano a sorreggerla.
Scorge a fatica i tre amici seduti sulla riva: si stanno asciugando tutti con lo stesso telo. O forse, pensa, con la camicia di qualcuno.
«Asia, dai, vieni!» la chiama Francesca, ridendo.«Un attimo» fa lei, strofinandosi i lati della schiena con le mani per combattere i brividi.
«Stiamo andando via» dice Alberto, alzandosi.
Anche Daniele si alza.
Asia pensa Ecco, ora va a prendere le mie cose. E comincia a nuotare verso la riva.
Ma lui si sta solo infilando i jeans e mentre anche gli altri cominciano a rivestirsi, estrae una sigaretta dalla tasca e se la porta alla bocca – Asia ne intravede il luccichio leggero, e la strisciolina di fumo sottile, più chiara della notte.
«Dani, ho un po’ freddo, mi porti qualcosa?» insiste.
«Il freddo passa subito, fai una corsa» dice Francesca, mentre si allaccia i bottoncini dell’abito.
Daniele sta cercando i vestiti dietro al moscone. Li raccoglie e si avvicina per passarglieli, ma ora che ha i pantaloni addosso non ha voglia di bagnarsi. Glieli lancia, e Asia sa già che ricadranno troppo lontani dalla riva perché lei possa raggiungerli senza uscire dall’acqua.
«Asia muoviti, sei sempre l’ultima» dice Alberto, che ha appena finito di allacciarsi le scarpe.
«Andate voi, io arrivo.»
«Ma che dici, sei impazzita?»
«Ci penso io.»
Lentamente, Daniele va a raccogliere i vestiti da terra, li sbatte un po’ per far cadere la sabbia e poi glieli porge, tenendo il braccio più che può ma senza fare un altro passo verso di lei.
Asia prende fiato, capisce che non otterrà nulla di più. Si alza di scatto e sente l’acqua gocciolarle di dosso – riesce a contare ogni singola goccia che scivola via dalla sua pelle. Quei pochi secondi che impiega a rivestirsi le sembrano un’eternità.
Le bruciano gli occhi e lei sa che non è colpa del vento, né del sale. È il modo in cui lo sguardo di Daniele si è posato su di lei durante quel breve tragitto, scoprendo il suo corpo acerbo e pallido come la luna.

Copertina: elaborazione grafica di una immagine di Helmuts Rudzitis da Unsplash

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Marianna Vitale è diplomata in scrittura alla Scuola Holden di Torino. Riminese, classe ’93, amante del mare e dei racconti brevi, ha pubblicato su Rivista Blam, Tropismi e sul World Literature Today. Quest’anno uscirà il suo primo libro per Augh! Edizioni: una raccolta di racconti dedicati al tema dell’adolescenza.

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