…quando capì che ogni dubbio, ogni ansia erano stati cancellati, …lo vide, onorevolmente libero dal suo primo impegno, …correre a lei e dichiararle un affetto tenero e costante… si sentì oppressa, si sentì sopraffatta dalla felicità…
La storia d’amore tra il timido Edward e la pacata, ma sensibile, Elinor si era risolta con la loro definitiva e lieta unione. Stronzate, pensò Mariangela. Doveva studiare Ragione e sentimento per la tesi, ma i suoi pensieri inciampavano in alcune frasi del romanzo, facendole perdere la concentrazione.
Qualche giorno prima, aveva incontrato la moglie imprevista del suo grande amore, capitata per caso in biblioteca. Mariangela e Franco erano nel cortile a sorseggiare il caffè annacquato del distributore, vicini come se si stessero confidando dei segreti. A un tratto, lui era indietreggiato.
“Ciao! Che ci fai qui?” aveva detto a voce troppo alta.
“È così che mi saluti?” Facendo aderire il seno al petto di lui, la moglie gli aveva dato un bacio in bocca così forte che sembrò materializzarsi a mezz’aria un enorme SMACK dei fumetti. Franco aveva guardato Mariangela con gli occhi sbarrati.
“Francesca, la moglie” si era presentata. Stringendole con qualche secondo di ritardo la mano, Mariangela aveva pensato che sembrava la zampa di un pinscher nano, ossuta e dalle unghie troppo lunghe. Avrebbe voluto essere catapultata in un’altra galassia: aveva rimediato ingurgitando il resto del caffè, scottandosi la lingua e dichiarando che doveva tornare in sala a studiare, si era concessa una pausa anche troppo lunga.
Dopo mi dirà, aveva rimuginato davanti al romanzo della Austen, che tra lui e la moglie non funziona più, che si è persa la magia, che prova per me sentimenti che pensava di non sentire più, che da quando stiamo assieme è una persona nuova, e altre cazzate bla bla bla…
Quando Franco si era affannato a cercarla prima della chiusura della biblioteca, le sue battute avevano ricalcato il copione anticipato da Mariangela, che aveva distolto le labbra, e poi la guancia, al bacio riparatore di lui. Era stata una deficiente. La giovane studentessa alla ricerca della figura paterna che incontra il bel bibliotecario dal pizzetto rossiccio, e senza fede al dito.
Stava ancora pensando a Edward ed Elinor, quando riconobbe su un tavolo, a fianco di uno studente, il grosso volume blu dei racconti di Poe, su cui spiccava la macchia oblunga di una rosa. Si infastidì per questo impiccio ulteriore, che capitava proprio ora che la sua relazione era finita, almeno per lei.
Cercò di ricordare quando aveva restituito il libro e si chiese se Franco avesse avuto il tempo di recuperare il biglietto come faceva di solito. Se lo studente lo avesse trovato forse non avrebbe capito che si trattava di lei e di Franco. Si ritrovò a sbirciare di continuo verso quello che aveva già catalogato come il tipico studente a vita, per i modi inconcludenti e l’età, la stessa di Franco. Forse non avrebbe neppure aperto il libro di Poe. Invece spolverò la copertina con la mano, sfogliò le pagine, e si fermò a leggere il biglietto. Quando i loro sguardi si incrociarono, Mariangela lasciò che un unico battito di ciglia esprimesse la sua incazzatura, ostinandosi a reggere lo sguardo dell’altro, come fosse una sfida.
*
Fiorenzo accarezzò la copertina dei Racconti del mistero e dell’orrore, Arabeschi, di Edgar Allan Poe, che aveva chiesto a prestito in biblioteca quel pomeriggio. Era un’edizione del 1974, in brossura, dalla copertina blu che contrastava con il titolo rosato e un’illustrazione di Alberto Martini: una rosa traboccante di petali nervosi, su cui poggiava un minuscolo teschio bianco, dal cranio avvolto a spirale. Il libro odorava di abiti smessi, dimenticati in fondo agli armadi. Probabilmente non era richiesto spesso ed era rimasto a invecchiare negli scaffali.
Aveva scelto quell’edizione perché era la stessa che aveva ricevuto in regalo per il suo tredicesimo compleanno, vent’anni prima. La sua copia aveva il dorso concavo, deformato dalle letture ripetute. Per tutto un pomeriggio, disteso sul letto a pancia in giù, aveva letto i racconti finché le pagine erano diventate scure, con una sfumatura rossastra, ben diversa dal bagliore di quando aveva iniziato a leggere, subito dopo pranzo.
“Quanto ci vorrà ancora perché ti laurei?” era sbottato il padre di Fiorenzo al termine del pranzo, rimproverato dalla madre con un’occhiataccia. “Ha trentatré anni” si giustificò allargando le braccia. “Io alla sua età mantenevo già una famiglia con due bambini…”
“Lascialo in pace…”
Borbottando che sarebbe andato in biblioteca, Fiorenzo era sgattaiolato nella sua stanza, per ripassare subito dopo a testa bassa davanti alla cucina.
“Quando torni?” aveva chiesto la madre.
Alla sua destra c’era un pacco articoli di filosofia, sottolineati e con fitte note scritte a margine. Davanti a lui, il quaderno, l’astuccio e il blocco delle schede della bibliografia, tenute assieme da un elastico giallo. A sinistra, il volume dei racconti di Poe.
Iniziò a scrivere l’introduzione della tesi.
In questa tesi verranno prese in considerazione alcune distinzioni che nella filosofia del linguaggio contemporanea sono considerate adeguate per descrivere le caratteristiche degli enunciati che riportano credenze o, più brevemente, enunciati di credenza.
Rilesse insoddisfatto il paragrafo e cercò di migliorarlo, ingarbugliandolo ancora di più. Spostava, sostituiva, spezzava, ma poi cancellava e riscriveva. Infine sbarrò l’intero paragrafo con una linea diagonale, e più sotto ricominciò in bella scrittura.
In questa tesi verranno considerate delle distinzioni…
Posò la penna e lisciò con le dita la copertina del libro di Poe, sentendosi in colpa mentre lo sfogliava.
“E questo cos’è?” si sorprese a dire Fiorenzo, di fronte a un foglietto di carta azzurra che si trovava tra pagina 68 e pagina 69, dove iniziava il racconto intitolato Berenice.
Vaffanculo!! Non voglio essere la tua amante. È finita, diceva il bigliettino. La firma, Berenice, era racchiusa tra due archi di denti aguzzi.
Fiorenzo alzò la testa, guardandosi attorno imbarazzato, come fosse stato scoperto in qualche attività sconveniente.
*
Quando Fiorenzo uscì dalla sala di lettura, Mariangela lo seguì nel cortile della biblioteca.
“E così sei un grande appassionato di Poe…”
“Poe… ah… il libro che… sì… beh… Poe era un genio. È noto per i racconti horror, un genere dove ha spaziato dalla sepoltura prematura alla pazzia, dal Doppelgänger all’inquisizione spagnola, ma non bisogna dimenticare che con Auguste Dupin ha inventato il poliziesco. Inoltre ha scritto racconti umoristici , d’avventura…
“Mi daresti il biglietto che hai trovato nel libro?”
“Sei Berenice?”
Mariangela lo guardò come se avesse visto un alieno atterrare nel cortile. Un alieno deficiente.
“Se non me lo dai ti strappo i denti con una tenaglia. Come a Berenice.”
Ora toccava a Fiorenzo meravigliarsi dell’aliena.
“Bigliettino…” Mariangela lo risvegliò dallo stupore.
“Sì, certo… Vado a prenderlo.”
Scattò come una pupazzo a molla, ritornando subito dopo per porgerle il foglietto azzurro. Mariangela gli dette un’occhiata, lo accartocciò e se lo mise in tasca. Silenzio. Avrebbe dovuto salutarlo e fuggire su una galassia lontana, invece disse: “Non mi offri un caffè?”.
Di fronte allo sguardo opaco di lui, indicò la stanzetta dei distributori di bevande e merendine.
“Ah… Sì, certo…” Si era accesa la lampadina. O budini o macho, pensò Mariangela, i maschi sembrano essere il vero problema dell’umanità, non il riscaldamento globale.
Stavano bevendo il caffè annacquato del distributore, chiacchierando di Poe, Jane Austen e di filosofia del linguaggio, quando Franco uscì dalla sala della biblioteca e si avvicinò a Mariangela.
“Posso parlarti?”
“A proposito dovevo darti questo” disse lei, facendogli cadere in mano il biglietto appallottolato.
Dopo averlo letto, Franco strizzò le labbra come per impedirsi di rispondere.
Fiorenzo trangugiò il caffè, scottandosi la lingua.
“Io vado…” disse, rivolto a entrambi.
“Aspetta.”
Rimasero in silenzio, congelati. Sembrava stessero ascoltando il ticchettio di una bomba ad orologeria in attesa di esplodere. Franco rientrò in sala, disinnescando l’ordigno.
“Stai bene?” le chiese allora Fiorenzo. Ecco una domanda accettabile, si disse Mariangela, forse c’è ancora speranza per l’umanità.
“Di merda. Ma passerà.”
Prima pubblicazione nell’antologia del concorso letterario “Incontri in biblioteca”, Casa Editrice Stylos, Aosta, 2004, pp. 109-115. Ringrazio la Casa Editrice Stylos per avere gentilmente concesso la ripubblicazione del racconto, che ho modificato.
Copertina: foto di Maurizio Donazzon