Trama
Lorenzo, un padre di mezza età, davanti all’ennesima porta chiusa della camera del figlio sedicenne, gli confessa i suoi sedici anni. Il romanzo è un viaggio nella memoria collettiva di tutti i ragazzi degli anni ottanta, fatto di musica, moda e politica del tempo. Ma è anche il viaggio personale di Lorenzo che, destreggiandosi tra scuola, amicizie e famiglia, parte da una situazione di poca autostima (fa parte del Club degli Ultimi) e arriva alla consapevolezza del suo valore, con scelte che gli faranno superare le posizioni contrapposte dei suoi coetanei. È un percorso difficile, che passa attraverso solitudine e dolore, ma è la strada che Lorenzo ha deciso di percorrere. Il figlio aprirà la porta per accogliere il padre?
Recensione
Se qualcuno mi chiedesse: “Ti ricordi quando avevi sedici anni?”, strizzerei gli occhi sperando di vedere meglio quel lontano passato e mi gratterei la fronte per raschiare la ruggine dei ricordi, perdendomi a calcolare quale anno di liceo frequentavo all’epoca.
Non so se capiti anche a voi, ma i miei ricordi abitano in un passato vago, dove emergono dalla nebbia solo isole luminose, che mi fanno chiedere perché proprio quel fatto o quella sensazione siano stati congelati nella mia memoria.
La richiesta però mi incuriosirebbe, e allora andrei a frugare nei cassetti alla ricerca di pagelle grigie, riguarderei foto di vacanze dimenticate, andrei a controllare su wikipedia le date di eventi scoloriti, all’epoca familiari a tutti. E ritroverei i vecchi amici, le vecchie antipatie, le giovanili illusioni.
È questo che ha fatto Gianluca Arles in Il Club degli Ultimi dove Lorenzo, un padre cinquantenne, stimolato dalla porta chiusa della camera del figlio, decide di raccontargli i suoi sedici anni datati 1985. Questo perché raccontandosi, svelando se stessi, c’è la speranza che anche l’altro socchiuda la porta dell’anima, mostrando le sue luci e le sue ombre.
Il Club degli Ultimi è il percorso accidentato di Lorenzo verso la consapevolezza del proprio valore e la capacità di decidere seguendo la propria coscienza. Se a sedici anni può essere semplice, probabilmente naturale, avversare genitori e professori per affermare la propria individualità, è molto più difficile affrancarsi dalle idee e dalle scelte dei coetanei: sono i nostri simili, quelli con cui condividiamo musica, moda e passioni sportive, e ai quali potremmo essere disposti a sacrificare le nostre idee pur di essere accettati.
Lorenzo parte in svantaggio: “Non ero un asociale per vocazione, solo non dovevo essere ’sta gran compagnia. D’altronde non giocavo a calcio, me ne fregavo dei motori, non seguivo le mode… “ e “Non è che non fossi integrato. È che, per dirla con la massima sincerità, ero un po’ trasparente. Nella classifica dei più belli mi ero piazzato a un umiliante terzultimo posto.”
Inoltre il suo gruppetto di amici di scuola “non si presentava nel migliore dei modi. Sembrava che l’unico comune denominatore fosse l’essere marginali, non allineati alle rigide logiche di quell’età e di quell’epoca. Fuori moda, fuori corrente e fuori da un periodo in cui essere esattamente l’opposto di quel che eravamo costituiva l’imperativo categorico: negli anni Ottanta dovevi primeggiare. Noi, invece, eravamo il Club degli Ultimi.”
Eppure, nel suo caso, questa falsa partenza diventa un punto di forza perché gli permette di non legarsi a nessun credo, anche se è forte il richiamo delle sirene della moda delle comitive, ovvero i gruppi più in vista della scuola, e di Lucrezia, superficiale ma strafica (alla romana, o strafiga, alla milanese e veneta).
Sono due i punti di svolta del percorso interiore di Lorenzo.
C’è il discorso di Alex prima del Clash of Bands, la competizione di gruppi musicali tenuta a scuola. Alex (Alexandra) è una delle due ragazze del Club degli Ultimi, ma è una “mezza specie di fagotto in una tuta grigia”, finché non mostra la sua vera personalità. Capisce Lorenzo meglio di quanto lui si capisca: “Non so perché continui a tormentarti, a farti venire dubbi, a non avere la minima fiducia in te stesso. […] Passi il tempo a nasconderti, perfino a te stesso. Ti circondi di gente che il mondo considera sfigati, non segui le mode, non segui le ideologie e non appartieni a nessuna comitiva. Per fare questo ci vuole carattere. E lo hai dimostrato.”
L’altra svolta è la morte di un compagno di scuola non particolarmente amato da Lorenzo, nell’ambito di circostanze pesanti e sgradevoli. E allora si impone la scelta. Andrà al funerale del compagno? Qui Lorenzo si mette alla prova e dimostra la capacità di decidere fuori dal coro, seguendo una coscienza imperfetta, ma genuina.
Il romanzo riesce a cogliere con verosimiglianza sia lo spirito degli anni ottanta, sia lo spirito di un sedicenne che matura, dando un messaggio importante: è necessario pensare con la propria testa, fare le proprie scelte, anche se non sono perfette, anche se non sono condivise.
Ho un solo punto interrogativo riguardo a Il Club degli Ultimi: le lunghe note a piè pagina nei capitoli iniziali. Lorenzo sta spiegando gli anni ottanta al figlio e parla di musica (U2, Ricchi e Poveri), film (Rambo, Terminator), gergo (soggetto, cozza), oggetti (tolfa, walkman), moda (spolverino, Levi’s 501), politica (nazi, zecche), gruppi (fricchettoni, yuppies), programmi televisivi (VideoMusic, Quelli della notte). Mi è venuta in mente Anima mia, la trasmissione di Fazio e Baglioni sugli anni ’70, che voleva divertire sull’onda della nostalgia. Nel romanzo, mi sembra che l’autore voglia far assaporare al lettore, con una punta di nostalgia, un viaggio nel tempo negli anni ottanta, ma le note a piè pagina, anche se accattivanti, non mi sembrano adatte perché rallentano il fluire della narrazione.
Consiglio Il Club degli Ultimi a figli adolescenti e genitori, per iniziare a raccontarsi e conoscersi, e a chi ha vissuto gli anni ottanta, usando mangianastri e walkman per ascoltare i Police, i Duran Duran e Der Kommissar.
Autore
Gianluca Ales (Roma, 1967) è inviato e conduttore di Skytg24, dopo aver lavorato per Stream, Milano Finanza e Il manifesto. Ha raccontato i principali conflitti degli ultimi quindici anni, le grandi emergenze e le crisi umanitarie. Autore di due romanzi noir, Una notte sbagliata (Imprimatur, 2014) e Quinto Round (Imprimatur, 2017), e del racconto Geli (Gialli Mondadori, 2002).
Romanzo
Gianluca Ales, Il Club degli Ultimi, Round Robin Editrice, 2020. Collana Parole in viaggio, € 15,00.