Versione brevissima in Haiku
Killers di Glanton
Scalpi oltre confine –
La guerra è Dio.
Metarecensione
- Punto più alto toccato nella lettura: Il giudice Holden.
- Punto più basso in cui ho faticato: Le descrizioni metafisiche e complesse.
Prima sfida con McCarthy. Con Meridiano di sangue credevo mi aspettassero nervi tesi e che tutto si risolvesse in un duello, invece è stata una prova di resistenza, una lotta fra descrizioni impegnate e momenti di altissimo spessore narrativo prima ancora che geologico. Mi chiedo come sia possibile mischiare lirismo, poesia e morte, la più abietta e volgare.
L’obiettivo è sopravvivere, sopravvivere agli indiani (che passano da prede a predatori) ai messicani (che passano da datori di lavoro a prede, a predatori) alla Frontiera (che è predatrice e predatrice resta).
L’incipit trae in inganno. Sembra si parli di un ragazzo, ma il vero protagonista è la situazione umana di disperati alle prese con altri disperati, è la storia di Glanton, del Giudice Holden, lo Spretato e altri cacciatori di scalpi pervasi dai più biechi istinti con la certezza di vivere un presente tra acciottolati, nevi e deserto, con un occhio puntato avanti e l’altro pronto a ogni movimento sospetto. A livello quantitativo le centinaia di pagine sono ad appannaggio delle descrizioni.
§Violenza
Tanta. Della più disparata. Da quella meticolosamente descrittiva a quella sadica e asciutta contenuta in tre parole. La censura è cosa non gradita in questo testo (da saltare per i suscettibili):
“Strappavano i vestiti ai morti e li afferravano per i capelli e passavano la lama indifferentemente intorno ai crani dei vivi e dei morti e strappavano via le capigliature insanguinate e tagliavano e mutilavano i corpi denudati, staccando membra, teste, sventrando quegli strani torsi bianchi e levando in alto grandi manciate di viscere e genitali. Alcuni dei selvaggi erano talmente pieni di sangue che avrebbero potuto rotolarcisi dentro come cani e altri si gettavano sui morenti e li sodomizzavano lanciando alte grida ai compagni.”
*
“A giudicare dalle barbe alcuni erano uomini, eppure avevano strane ferite mestruali fra le gambe prive delle parti maschili che erano state tagliate via e pendevano nere e grottesche dalle bocche ghignanti. Giacevano con le parrucche di sangue coagulato.”
*
“… e uno dei Delawere emerse dal fumo con un bambino nudo penzoloni in ciascuna mano e si accovacciò presso un cerchio di pietre che racchiudeva un letamaio. Fece roteare in aria i piccoli a turno tenendoli per le caviglie e sbatté le testine contro le pietre fino a far schizzare il cervello dalla fontanella con uno zampillo sanguinolento.[…] Alcuni uomini guazzavano nell’acqua rossa colpendo senza motivo i morti, e altri giacevano sulla spiaggia accoppiandosi con i corpi bastonati di ragazze morte o morenti.”
Abbraccia tutti e tutto sotto il suo manto di sangue. Gli avvoltoi sono la parte morigerata del creato a confronto della razza uomo. Forse perché:
“Sangue, disse. A questo paese gli danno molto sangue. Questo Mexico Questo è un paese che ha sete.”
E io, spesso, dovevo fermarmi perché non ce la facevo a bere tutto quell’orrore.
§Il giudice Holden
“Poi, verso mezzogiorno, ci imbattemmo nel giudice tutto solo sulla sua roccia in mezzo a quella desolazione. Già, e non c’erano altre rocce, solo quella. Irving disse che se l’era portata appresso.[…] Lo studiavo meglio che potevo. Allora come oggi. A volte sembrava pazzo e a volte no. Glanton l’aveva sempre saputo che era matto.”
Pensando all’elmetto da Marines di Joker, in “Full metal jacket”, con il simbolo della pace e la frase “nato per uccidere” e al dualismo dell’uomo, comunque non riesco a spiegarmi il giudice. Enorme, con l’alopecia universale a condire di bianco latteo una pelle suscettibile al sole, colto, coltissimo:
“Quell’uomo sa fare di tutto. Non l’ho mai visto assumersi un compito del quale non fosse all’altezza[…]Ci siamo imbattuti in un gruppo di pellegrini pazzi, laggiù vicino al Llano, e il vecchio che li guidava si è messo a parlare in olandese come se fossimo tutti quanti in Olanda, e il giudice gli ha risposto perfettamente a tono. Glanton per poco non è cascato dal cavallo. Nessuno di noi sapeva che lo parlasse. Gli abbiamo chiesto dove l’aveva imparato e sai cos’ha risposto?
Cos’ha risposto?
Da un olandese, ha risposto.”
Figura mefistofelica, poliglotta, incarnazione del sapere greco; della scienza rinascimentale e del razzismo bianco, suonatore di strumenti che trova lungo il tragitto e mai a tracolla. Con un fucile, con un fregio scritto in latino (Et in arcadia ego). Ricercatore spasmodico delle bellezze della natura, catalogatore armato di un grande quaderno (non quello della Kristóf) per un fine ultimo che non è la conoscenza ma il controllo e il potere. Attorno al fuoco di bivacco, se si è fortunati lo si può trovare intento con il suo pennino a scrivere, e forse potrebbe rendere partecipe delle sue elucubrazioni chi gli sta a portata di orecchie.
Consiglierei di leggere questo libro anche se ci fossero 280 pagine vuote inframezzate dal giudice.
§Descrizioni
“Dopo meno di un’ora cominciarono a sentire il suono aspro degli zoccoli che graffiavano le rocce e il tintinnare dei finimenti. Il primo cavallo che girò intorno allo spuntone roccioso e passò attraverso il varco della montagna fu il grosso baio del capitano, e sulla groppa portava la sella del capitano ma non il capitano.”
Non so da quanto tempo non leggevo un libro così descrittivo. Penso che McCarthy sia riuscito a declinare le albe e i tramonti con così tante sfumature da far impallidire un linguista. Con pagine di asfissianti deserti e natura selvaggia prova la mia capacità di vedere una speranza, una fine del capitolo dietro ogni singola pagina e temo possa stramazzare lì, assieme a quei cowboy.
Le descrizioni non si fermano al mero paesaggio e si addentrano nell’animo umano:
“Presso quel fuoco c’erano uomini i cui occhi riflettevano la luce come carboni ardenti conficcati nel cranio e uomini i cui occhi rimanevano opachi, ma gli occhi del nero si aprivano come corridoi attraverso i quali una notte nuda e primordiale viaggiava da ciò che di essa già si era consumato a ciò che era di là da venire.”
L’indigestione sorge quando una sintassi così pregna si sovraccarica con esoterismi e/o visioni mistiche:
“Uno dopo l’altro, cominciarono a levarsi di dosso gli abiti, gli impermeabili di pelle non concia e i serapes di lana greggia e i panciotti, e uno dopo l’altro propagarono intorno a sé un gran crepitio di scintille, e ciascuno sembra avvolto da un velo di fuoco chiarissimo. Le braccia che si sollevano nell’atto di togliere i vestiti erano luminose, e ognuna di quella anime oscure era avviluppata dentro una percettibile sagoma di luce, come se fosse stato sempre così”
*
“L’assoluta visibilità di questi oggetti snatura la loro familiarità, poiché l’occhio identifica la totalità sulla base di qualche caratteristica o parte, mentre qui nulla era più luminoso di qualcos’altro e nulla era più adombrato, e nella democrazia ottica di paesaggi del genere qualsiasi predilezione e pura bizzarria, e fra un uomo e una roccia si creano parentele impreviste.”
§Considerazioni finali
Arrivo alla fine di Meridiano di sangue prostrato dalla stanchezza. C’è un ballo e un cadavere ma io non ce la faccio a muovere i piedi come li muove lui, so che da tanta aridità mi è nato dentro qualcosa che non ha ancora un nome, come il ragazzo che mi ha accompagnato nella lettura.
Ho svelato tanto? Penso di non aver svelato poi molto, i veri messaggi (a partire dal titolo) sono lasciati nelle tracce all’interno di questo straziante western.
P.S: L’epilogo, e ancor prima la danza finale, non l’ho ben capita. Penso che il messaggio possa essere colto come le varie sfumature astrali che accompagnano tutto il romanzo.
P.P.S: Ho notato una tecnica descrittiva zeppa di congiunzioni “e”, che mi ha ricordato “La luna e i falò” di Pavese (strane associazioni cerebrali).