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ItaliansBookitBetter incontra Marco Lupo

Nome Marco

Cognome LupoD1470877

Nato a Heidelberg nel 1982

Riviste  TerraNullius 

Libri Hamburg (Il Saggiatore 2018)

Segni letterari scrittura raffinata, letteratura delle macerie, ricostruzione della memoria, ricorso a citazioni letterarie e struttura metaletteraria, confidenza con il passato, ferite non sanate, la storia si fa sui corpi, ricerca e analisi, incastro perfetto di tasselli, il dolore, la paura e le storie degli sconfitti.

Citazione

Al buio, nel letto disfatto e incorniciato da un’aureola di pile di libri e dai resti di una cena, sbircio nelle storie che mi sono lasciato alle spalle. Storie di donne e di uomini dimenticati. Storie di solitudini pronunciate male. “La memoria, credo, è un surrogato della coda che abbiamo perso per sempre nel felice progresso dell’evoluzione. Dirige i nostri movimenti, emigrazione compresa. A parte questo, c’è qualcosa di profondamente atavico nel processo stesso del ricordare, se non altro perché non è mai lineare. E poi, più uno ricorda più è vicino, forse, a morire.”

Lo scriveva Brodskij in Fuga da Bisanzio. La memoria. Per Christa Wolf è un atto morale che si ripete. Per Virginia Woolf è una cucitrice. Per Apolinaire un ghiacciaio. Per Pirandello una seduta spiritica. Per Michel Lersi una colata. Per Juan Rulfo una cava deserta. Per Mathias Énard una notte insonne. Per Georges Perec una lista di cose. Per Mahmoud Darwish l’odore di cardamomo nel caffè. Per Malcom Lowry una storia impossibile, a cui nessuno crede. Per Andre Dubus gli occhi di un bambino che patisce un divorzio. Per Roberto Bazlen un baule chiuso a chiave su una nave in mare aperto. Per Vasilij Grossman i suoi taccuini. Per Elias Canetti un libro contro la morte. Per John Cheever le lettere. Per Heinrich Böll un tascapane.  Per Blaise Cendrars la finestra di una mansarda o la costa di un continente. Per Alfred Döblin l’oscurità. Per Eduardo Galeano una cella in cui le tacche dei detenuti raccontano secoli di oppressione. Per Danilo Kiš il numero 2071. Per Martin Pollack la memoria è memoria tradita.

IBIB Ti andrebbe di raccontarci come nasce l’idea di “Hamburg” e come è avvenuto l’incontro con la casa editrice il Saggiatore?

ML Il libro è stato scritto sotto l’influsso di lettere, memoriali, cronache, saggi e romanzi: ho accarezzato l’idea di raccontare il mondo degli sconfitti e la devastazione della guerra aerea, e per farlo avevo bisogno di una struttura capace di contenere molti frammenti, molte voci. Il meccanismo che è alla base del libro, il suo cuore pulsante, nasce per necessità. Indagare quei destini in un romanzo lineare avrebbe significato un tradimento delle intenzioni.
Nell’autunno del 2017, il direttore editoriale del Il Saggiatore, Andrea Gentile, mi ha chiesto se stavo lavorando a qualcosa. Era una fase difficile, un periodo di dubbi che mi avevano imposto di accantonare quelle pagine:gli ho inviato un estratto. Un mese dopo ero a Milano, in via Melzo. L’incontro è stato un’epifania.

IBIB Il sottotitolo del libro è “La sabbia del tempo scomparso”. Mi fa pensare all’inafferrabilità della memoria, alla non linearità del ricordo, alla possibilità che la memoria ha di giocare a nascondino omettendo pezzi di vissuto. I tentativi che facciamo per rimuovere delle verità che fanno male o la voglia di scavare per cercare di analizzare quello che ci è accaduto. In Hamburg come in altri tuoi racconti (ad esempio La vita naturale e in Milioni di Woyzeck) indaghi il complesso rapporto che esiste tra memoria e sofferenza. Come si pone la letteratura rispetto a questo rapporto?

ML Quasi tutti i libri che ho amato parlano di sofferenza e memoria, intrecciano il tempo ai ricordi, al suono dei nostri passi tra la nascita e la caduta. Dalle tragedie greche, dai poemi omerici, dalle liriche dei poeti estinti da secoli fino alle nostre titubanze. Sono attratto dalle sequenze di eventi e dal colore delle nostre vite.
Se la letteratura è un’indagine redatta dalle mani di un lebbroso o di un carcerato a vita, allora è segno che è viva, che respira, che parla di eventi che non possiamo comprendere. L’unico testimone del suo dolore può vibrare nello spazio che si ritaglia e dare conforto a coloro che leggeranno, finché la stella continuerà a bruciare, finché sarà possibile respirare.

IBIB Hamburg è anche un libro sul corpo. I corpi affamati dei sopravvissuti che si muovono tra le macerie. Il corpo delle donne da svendere in cambio di cioccolato e sigarette. I corpi degli scomparsi mai ritrovati. Il corpo dei soldati che stuprano donne terrorizzate. Il corpo sfatto degli addetti alla ricostruzione. Corpi svuotati che cercano un modo per andare aventi nonostante le ferite interne. 

ML Come entrare in un corpo che si muove nell’anno zero della nuova etica?, mi sono chiesto dopo aver letto Günther Anders. Se nessuno di noi, prima di allora, era mai stato nella condizione di radere al suolo una città, di distruggere esistenze di cui ignoriamo ogni singolo particolare, persino la loro assenza. Se farlo significa (e significava) obbedire a un ordine superiore, velocizzare il movimento dei corpi nei forni crematori per ottenere uno standard da fabbrica di munizioni o di carta igienica. Che ne è stato delle vite in potenza? Chi siamo diventati?

IBIB Ad “Hamburg” è stato assegnato il Premio Campiello Opera Prima. È stato selezionato nella cinquina finalista del Premio POP (Premio Opera Prima) e tra i finalisti del Premio Fondazione Megamark. È un libro che ha avuto molte presentazioni e incontrato numerosi lettori. Cosa hai scoperto di Hamburg nelle parole degli altri?

ML Sono stato sorpreso da alcune reazioni: a Genova, un uomo nato in una città tedesca bombardata mi ha raccontato di quanto fosse difficile per lui rivelare i ricordi delle macerie alla sua famiglia italiana; a Palermo, una donna che aveva visto il fuoco nelle lunghe notti di guerra, ha ricordato le storie dei dissidenti fucilati nei cortili e il silenzio dopo i colpi; a Torino, un signore che ha perso quasi tutta la sua famiglia non è riuscito a proseguire nella lettura. Ho incontrato corpi viventi che assomigliano a M.D. e i loro occhi mi hanno ammutolito.

IBIB Per raccontare la storia di Hamburg ti sei servito della struttura metaletteraria mentre nei racconti “Il riso” e il “Contropassato” ti servi di citazioni letterarie. I libri sono sempre presenti nei tuoi scritti e nella quotidianità dei tuoi protagonisti. Come sono presenti nelle tue giornate? 

ML Vivo in un bilocale con la mia fidanzata e tutti i nostri gesti quotidiani – le nostre abluzioni, i pasti, le cene con gli amici – sono circondati da libri. Spostiamo le pile asimmetriche per bere il caffè, per girare una poltrona, per cercare un documento sommerso dai testi. Tutto ciò che conosco, in effetti, è racchiuso tra uno scaffale e l’altro.

IBIB Fai parte del collettivo di scrittori Terranullius. Come sei entrato a farne parte? Se e come ha cambiato la tua scrittura?

ML Quasi dieci anni fa, uno dei redattori, lo scrittore e autore di fumetti Toni Bruno, aveva letto un paio di miei racconti. Frequentare quel collettivo di militanti della parola mi ha fatto bene. Sono entrato a farne parte perché mi piaceva la direzione presa dal gruppo.
Quando il ritmo della tua scrittura viene scandagliato da un coro di lettori inquieti, allora sei in grado di vedere la fotografia dell’evento, la luce che illumina o nasconde, la qualità del tempo trascorso, le storture nel registro che hai consultato. Siamo cresciuti insieme e continuiamo a farlo.

 IBIB Secondo te dove si collocano le riviste e i collettivi di scrittura nel panorama culturale italiano?

ML Sono uno sbrego, una lacerazione dei tessuti apparentemente sani. Nutrono, formano, crescono generazioni di affamati, di vendicatori, di lettori che si sporcano mani e denti sugli avanzi del Novecento. Ogni tanto leggiamo un racconto scritto da chi non ha paura di farsi male. Sono i momenti migliori. Le riviste, in Italia, non si collocano in nessun panorama culturale. Non c’è spazio. Nutro molte speranze per le riviste.

IBIB Che ruolo hanno i libri nella costruzione di una memoria collettiva?

ML Se leggi Tochman, Pollack, Gourevitch, Lussu, De Roberto, Asturias, Lemebel, Šolochov, Améry, Drndić, London, entri in sotterranei poco illuminati. La memoria collettiva si costruisce con gli slogan, con le recriminazioni, con i confini militarizzati, con i muri assediati da cecchini. L’onda dimentica la parola chiave ripetuta migliaia di volte nei servizi televisivi e non chiede altro che la dimenticanza. L’unica risposta che conosco è la lettura ad ogni costo, è la ricerca di quelle voci che hanno incrinato per un nanosecondo la narrazione ufficiale.

IBIB In Hamburg la scrittura appare l’unica arma per fermare il tempo, per tramandare storie, per poter riflettere sugli errori e provare a dividere le colpe. Credi nel potere salvifico della scrittura?

ML No. Credo che la scrittura sia un codice complesso che non salva nessuno. Mi salvano le scritture degli altri. Mi salvo come lettore. E soffro, arriccio il naso, mi gratto la pelle che invecchia. Hanno il potere di farmi credere ancora nell’umano, le storie. Sono il mosaico scampato a un incendio in un tempio eretto duemila anni fa, sono un nascondiglio dai liberticidi, sono i fuochi degli schiavi fuggiti dai campi. Ripetono le stesse domande da secoli. In pochi le ascoltano.

Grazie Marco! 

 

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